La gestione del caso Ebola ha scaricato sull’assessore della Sanità, Luigi Arru, una montagna di polemiche e di critiche da parte di alcuni esponenti dell’opposizione e di un’organizzazione sindacale, che hanno lamentato lo scarso rispetto delle procedure di sicurezza. L’esponente della Giunta Pigliaru si è cimentato nella strenua difesa dell’azione sanitaria, cercando anche di spiegare i passaggi del protocollo adottato nell’assistenza al cooperante sardo che ha contratto il virus. Questo il dettagliato racconto fornito dall’esponente della Giunta Pigliaru:
«Prima del rientro in Italia, viene richiesto dal Ministero della Salute che l’organizzazione inviante comunichi il piano di volo, compili una certificazione anamnestica e una dichiarazione su ciascun collaboratore, specificando il livello di esposizione e la presenza o meno di sintomatologia clinica di qualsiasi tipo, intervenuta nelle settimane immediatamente precedenti il viaggio. Inoltre, ogni passeggero che si imbarca dagli aeroporti internazionali dei Paesi soggetti a controllo in uscita viene sottoposto a screening clinico e anamnestico sia dal personale di terra che al momento dell’imbarco. All’arrivo sul territorio nazionale, ogni cooperante segnalato viene atteso e controllato dal personale sanitario Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) del Ministero della Salute che compila una cartella e, solo in caso di negatività clinica, permette lo sbarco e garantisce la libera pratica aerea. Parte della documentazione consegnata al cooperante riguarda la procedura di sorveglianza: questa viene attivata in collaborazione con la Asl di destinazione, allertata con nominativi e contatti telefonici.
“La mancanza di sintomatologia clinica, e in particolare di rialzi della temperatura corporea, indica uno stato di non contagiosità – ha precisato Arru – Viene consigliato in ogni caso di auto-sorvegliare le proprie condizioni, misurare la temperatura con frequenza, limitare i propri movimenti, mantenersi in contatto telefonico con il sistema di sorveglianza della Asl di riferimento. Nel caso specifico dell’infermiere sardo, vi è stata totale asintomaticità fino al momento della segnalazione del rialzo febbrile. In osservanza del protocollo era già in autoisolamento domiciliare, dove la sintomatologia si è manifestata solo a distanza di due giorni dall’arrivo”.
Verificatosi il rialzo febbrile, il cooperante ha contattato il servizio della Asl sassarese, segnalando quanto in corso e attivando di conseguenza il protocollo di ricovero con autoambulanza dedicata del 118 di Sassari: codice rosso Protocollo Ebola. A mobilitarsi sono state tre unità di personale sanitario, addestrato per vestizione e svestizione dei dispositivi di sicurezza personali che hanno gestito il trasporto del paziente dal domicilio alla stanza ospedaliera di isolamento. Il paziente è stato trasportato all’Istituto di Malattie Infettive seguendo un percorso dedicato. Ricoverato in camera singola, come richiesto dal protocollo, e assistito esclusivamente da medici e infermieri dotati di dispositivi di protezione individuale, addestrati per la gestione clinica di queste emergenze e per la procedura di vestizione e svestizione. Il personale del 118 ha effettuato la svestizione in apposito locale, con lenzuola imbibite di ipoclorito di sodio, sotto controllo di un quarto operatore che seguiva la check-list formale e specifica prevista in questi casi.
Il campione di sangue da sottoporre al test è stato inviato all’Istituto Spallanzani di Roma: “Esattamente come indicato da protocollo nazionale, mentre un campione ematico è stato inviato dall'istituto di Malattie Infettive al laboratorio centrale per gli esami ematochimici di routine – ha precisato l’Assessore – Sono stati utilizzati contenitori sigillati con l’indicazione fornita da parte del responsabile dell’Unità di crisi locale al responsabile di laboratorio del sospetto e poi della diagnosi di virus Ebola, perché venissero seguite le procedure del caso”.
Confermata la diagnosi, è stata attivata la procedura di trasferimento con aereo militare attrezzato da Alghero a Roma, gestita come da protocollo nazionale, in collaborazione tra Ministero della Salute, Assessorato della Sanità, Asl 1 e Aou di Sassari. La barella per l’evacuazione in bio-contenimento è arrivata con l’aereo militare per garantire la massima sicurezza nel trasporto dalla stanza di degenza isolata all’Istituto Spallanzani. Sono state attivate misure prudenziali e conservative di auto-isolamento per i familiari e gli operatori sanitari che avevano avuto diretto contatto con il paziente, seppure con adeguati dispositivi di protezione individuale, o con i suoi campioni ematici. Dopo il trasferimento dei familiari in altro domicilio per la dovuta riservatezza e per aumentare il grado di auto-isolamento, è stato deciso di attivare la procedura di disinfezione del domicilio iniziale, dove aveva soggiornato il paziente. La sopravvivenza del virus Ebola nell'ambiente, in macchie di sangue o in altri liquidi biologici è di poche ore, quindi non si presentano rischi ambientali, una volta completate le procedure descritte».
In conclusione, l’assessore Arru ha chiesto di porre fine alle polemiche: “Non è il momento, stiamo gestendo un’emergenza sanitaria di portata internazionale con un concittadino che ha messo la propria professionalità al servizio di popolazioni decimate da un’epidemia gravissima, in fase di contenimento, ma ancora non debellata. L’infermiere sassarese, che oggi rischia la propria vita, merita rispetto e solidarietà non solo dalle istituzioni, che si sono immediatamente attivate, ma anche dalla comunità. Accuse strumentali e infondate non riusciranno a insinuare sospetto e timore nella popolazione né a banalizzare la complessità del percorso assistenziale seguito dai professionisti della sanità regionale, a tutela e garanzia di tutti”. (red)
(admaioramedia.it)