Aveva promesso un mandato innovativo e finora il nuovo presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, ha mantenuto la parola, lanciando due nuovi temi nell’agenda politica sarda.
Il primo riguarda la celebrazione solenne de Sa Die de sa Sardigna in Consiglio, anche se la seduta cade di domenica e costa di più, come ha rilevato l’opposione. Ma Sa Die, giornata della memoria del popolo sardo, non può essere ridotta ad un fatto di scontrini: è carne viva della storia e dell’identità, simbolo di un bisogno di riscatto sociale e civile che, diciamola tutta, 70 anni di autonomia regionale non hanno soddisfatto. Questioni non negoziabili, insomma, per le quali vanno affrontati costi della democrazia e non della politica.
Il secondo tema, politicamente molto più scorretto, riguarda il 25 aprile, che secondo Pais non può essere celebrato come la rievocazione della guerra di allora per metterla al servizio della politica di oggi, lasciando da parte quella pacificazione nazionale, che dovrebbe essere il primo obiettivo di ogni dopoguerra e che gli italiani invece aspettano invano. Certi italiani, come i profughi di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, ai quali il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento in modo simbolico ricordando la comunità insediatasi a Fertilia, aspettano in modo particolare di incollare la pagina della loro storia a quella nazionale.
I richiami alle radici profonde delle comunità come senso della storia comune, al di là dei giudizi sulle epoche, sui fatti, perfino sugli episodi. Arriverà il tempo per questo messaggio unificante, ma è compito degli uomini di buona volontà lavorare perché ciò accada.
SardoSono
(sardegna.admaioramedia.it)