Anche questo 25 aprile se n’è andato. A Cagliari il solito corteo, i soliti discorsi e tutti felici e contenti per avere ancora una volta commemorato i partigiani che ci hanno liberato dal nazi-fascismo, ridato la libertà, la democrazia, ecc ecc.
Dall’alto dei cieli i vecchi partigiani sardi avranno assistito compiaciuto al tributo espresso dai loro discendenti cagliaritani. Tutti eccetto uno. Salvatore Saba, nato Serdiana il 22 luglio 1921, nome di battaglia “Cagliari”, morto trucidato a Bosco Romagno, in provincia di Udine, il 9 febbraio 1945, ad appena 23 anni: a lui, ogni 25 aprile, verrà un po’ di tristezza, perché i suoi conterranei, non sappiamo se volutamente o per ignoranza, lo escludono dalle commemorazioni. Per l’Anpi, infatti, il partigiano Saba non è mai esistito. Si possono consultare tutti i siti sardi dell’Associazione dei partigiani, degli Istituti storici della Resistenza, spulciare libri, opuscoli, riviste che parlano dei partigiani sardi, troverete alcuni Saba, ma di Salvatore neppure l’ombra. Il motivo c’è. Saba ha una macchia indelebile: faceva parte del battaglione “Tumulato” della brigata partigiana “Osoppo Friuli”, composta da ex militari, da cattolici, liberali e da alcuni azionisti, insomma erano ‘nazionali’ e anticomunisti. Tant’è che avevano al collo un fazzoletto verde e ostentavano un tricolore con tanto di stemma sabaudo. Combattevano a viso aperto contro tedeschi e fascisti, non disdegnavano lo scambio di prigionieri e, verso la fine della guerra, incontrarono anche emissari della X Mas con l’intento di evitare che il Friuli Venezia Giulia cadesse in mano ai comunisti di Tito. Cosa che non piacque affatto alle formazioni garibaldine, succubi del Partito comunista friulano, che a sua volta ottemperava senza battere ciglio all’imposizione di Tito: tutte le formazioni partigiane in Fvg dovevano passare al IX Korpus iugoslavo ed essere ripulite “dagli elementi italiani nazionalisti e imperialisti”.
La ‘ripulitura’ ebbe inizio il 7 febbraio 1945. Alcuni gappisti delle formazioni Garibaldi agli ordini di Mario Toffanin, nome di battaglia Giacca, circondano la baita alle Malghe Topli Uork, vicino a Porzûs (Udine) in cui si trova lo stato maggiore della 1^ Brigata Osoppo. Dopo la cattura, il comandante Francesco De Gregori (zio dell’omonimo cantante) viene immediatamente giustiziato, assieme al delegato politico Gastone Valente e ad Elda Turchetti, segnalata come spia da Radio Londra e recatasi alle Malghe per chiarire la propria posizione. Anche la giovane recluta Giovanni Comin perde la vita durante un tentativo di fuga, mentre Aldo Bricco, giunto a Porzûs per sostituire De Gregori (destinato ad altro incarico), riesce a mettersi in salvo malgrado le ferite. Gli altri componenti del comando di Brigata vengono tutti fatti prigionieri e condotti al Bosco Romagno, nel comune di Cividale de Friuli (Udine) per essere interrogati. Nei giorni seguenti, tra l’8 e il 20 febbraio 1945, quattordici di loro vengono uccisi in diverse località della zona: Giuseppe Sfregola viene passato per le armi a Ronchi di Spessa, quando gli interrogatori non sono ancora iniziati; al Bosco Romagno vengono fucilati Franco Calledoni, Primo Targato, Antonio Cammarata, Pasquale Mazzeo, Guido Pasolini (fratello dello scrittore Pier Paolo) e Antonio Previti; Angelo Augelli a Prepotto (Udine); Egidio Vazzas viene ucciso in località tuttora ignota. Mentre l’esecuzione del sardo Salvatore Saba, Enzo D’Orlandi, Gualtiero Michelon, Erasmo Sparacino e Giuseppe Urso avviene invece nel Bosco Musich a Restocina (frazione di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia).
Appena compiuto il massacro, seppelliti immediatamente i corpi, poi ritrovati in una fossa comune, gli autori decisero di tener nascosto l’eccidio, poi fu attribuito ai tedeschi e ai fascisti. Infine, sostennero che i partigiani da loro assassinati fossero spie e traditori. Il 23 giugno 1945, la Brigata Osoppo presentò la denuncia alla Procura di Udine. Il processo iniziò nell’ottobre 1951 a Lucca. Toffanin e altri due luogotenenti (fuggiti subito in Jugoslavia) furono condannati all’ergastolo, confermato in Cassazione, altri 40 ebbero pene inferiori. Ma fra indulti e amnistie, fino all’inquietante grazia di Sandro Pertini, non appena eletto Presidente della Repubblica, furono rimessi tutti in libertà. E non solo, ma alcuni di essi furono premiati con alti incarichi nell’Anpi e nel Pci friulano, oltre a riscuotere la pensione dello Stato.
“Si tratta di una delle vicende più drammatiche e controverse della Resistenza italiana – scrive iAlberto Buvoli, autore di numerosi saggi sul movimento di liberazione in Friuli – di cui forse non si riuscirà mai ad avere una ricostruzione univoca perché mancano proprio quei documenti che possono fornire con esattezza elementi chiarificatori sui mandanti e sulle motivazioni dell’azione gappista. Le fonti che ho consultato e i documenti a disposizione mi portano a concludere che l’ordine di eliminare la presenza osovana a Porzûs provenne dal IX Korpus alla Federazione del Pci di Udine da cui dipendevano direttamente i Gap, Federazione che fu parimenti responsabile dell’eccidio. Come si svolsero i fatti, poi, è cosa oramai nota. Lo sloveno Edvard Kardelj – uno dei più importanti collaboratori di Tito – in questo senso fu categorico: in una lettera del 9 settembre 1944 a Vincenzo Bianco – prescelto personalmente da Togliatti come delegato del Pci presso il Fronte di liberazione sloveno – scrisse che all’interno delle formazioni partigiane italiane occorreva ‘fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti’. Con riferimento alle zone di operazioni del IX Korpus, così proseguiva: ‘Non possiamo lasciare su questi territori nemmeno un’unità nella quale lo spirito imperialistico italiano potrebbe essere camuffato da falsi democratici’, ed auspicò il passaggio dell’intera regione alla nuova Jugoslavia: ‘Gli italiani saranno incomparabilmente più favoriti nei loro diritti e nelle condizioni di progresso di quel che sarebbero in un’Italia rappresentata da Sforza’. Rispetto alla Osoppo, rilevava che fosse ‘sotto una forte influenza di diversi ufficiali badogliani e politicamente guidata dai seguaci del Partito d’azione’.
Angelo Abis
(sardegna.admaioramedia.it)