Dopo l’epocale sconfitta inflittagli dal centrodestra a trazione sardista, il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, sembrava essere alle prese con un vecchio successo di Gino Paoli, “cosa farò da grande”, preso dal dubbio amletico se concludere il mandato al Comune oppure accettare l’elezione nel Consiglio regionale.
Trascorsa poco più di una settimana, Zedda, in quel di Fordongianus, dove si sono stancamente riuniti i ‘combattenti e reduci’ del centrosinistra sconfitto, ha annunciato la decisione di entrare nell’aula del palazzo consiliare, assicurandosi così, da politico di professione, altri cinque anni garantiti a libro paga della collettività. Non è ancora chiaro se Zedda voglia dimettersi formalmente da sindaco o andare incontro alla decadenza per lasciare il Comune, fino al 2021, in mano alla vicesindaco Luisa Anna Marras, ma sembra difficile che il Sindaco cagliaritano, pur certamente condizionato dalla pletora di assessori dal dubbio futuro politico e titolari di posti di staff timorosi, opti per una scelta così poco trasparente.
In ogni caso, l’attuale Primo cittadino cagliaritano ritorna in Regione, con ambizioni di guida dell’opposizione, privo di una vera spinta propulsiva, ripercorrendo lo stesso nefasto cammino che l’ha condotto a rimediare una solenne scoppola elettorale, rischiando di far ripercuotere le sue negatività sull’intera coalizione: non si comprenderebbe, altrimenti, perché Zedda, che da mesi e mesi non perde neanche un’occasione di invettiva fine a se stessa contro gli avversari, abbia ‘riveduto e corretto’ certe triviali battute, finora confinate nei bassifondi dei social network, sulla stazza fisica del neoeletto governatore Christian Solinas, annunciando che l’opposizione gli avrebbe fatto “perdere qualche chilo”. Chissà che sarebbe accaduto a parti invertite… Meglio stendere un velo pietoso.
Così come sarebbe meglio stenderlo sull’ossessione di Zedda, tipica di una certa sinistra, per la ‘destra identitaria’, che terrorizza il nuovo leader dell’opposizione regionale, tanto da invocare (“contro i sardofascisti”) un’improbabile convergenza non con gli elettori del Movimento 5 Stelle, in gran parte già evaporati, ma col “gruppo dirigente” pentastellato, ossia personaggi che nell’Isola, dopo la disastrosa performance delle elezioni regionali (hanno perso oltre 30 punti percentuali rispetto alle Politiche) sono sotto processo dei militanti grillini. Non sembra un buon inizio per una nuova pagina politica, tra dozzinali invettive, rancori irrisolti e tatticismi da prima Repubblica, che confermano come Zedda sia un uomo disperato per il crollo di un quadro politico che, solo pochi anni fa (specie quando la scena era dominata dall’ex premier Matteo Renzi, con cui è sempre andato d’accordo), lo vedeva fulgido protagonista.
Anche se il M5S sembra aver imboccato la fase discendente (con qualche ‘voto in libera uscita’ che potrebbe tornare a sinistra), il centrosinistra sa bene che, mancando la capacità immediata di risultare alternativa credibile, dovrà stare parecchi anni all’opposizione e rassegnarsi alla perdita di quelle ‘poltrone’ di cui, fino a ieri, facevano incetta in ogni dove. Insomma, la vecchia acida battuta di D’Alema sui democristiani “cianotici” quando, per colpa di Berlusconi, si trovavano fuori da posizioni di potere, potrebbe tranquillamente essere rigirata contro i ‘disperati’ e soprattutto contro Zedda, che dopo il lontano biennio in cui fu consigliere regionale di opposizione alla Giunta Cappellacci, dovrà riabituarsi a farla, possibilmente in modo più costruttivo rispetto alle ultime dimenticabili ‘uscite’.
Caesar
(sardegna.admaioramedia.it)