Settant’anni fa, l’8 maggio 1949, ebbero luogo le prime elezioni del Consiglio regionale della Sardegna. Abissale la differenza rispetto alla recente elezione del 24 febbraio.
Innanzitutto la grande affluenza elettorale: nel 1949 votò oltre 85% della popolazione, mentre il 24 febbraio la partecipazione è stata poco più del 53%. Di tutti i partiti presenti in quella prima elezione ne è sopravvissuto uno solo: il Partito sardo d’azione, che, singolare coincidenza, in entrambe le competizioni ha conseguito la stessa percentuale di voti (10%) e lo stesso numero di seggi (7). Le elezioni del 1949 si svolsero in un clima molto partecipato, ma tranquillo, malgrado la durissima contrapposizione tra le sinistre, allora strettamente marxiste e filo sovietiche, e la Democrazia cristiana, fortemente sorretta dalla chiesa cattolica e dalle, allora, fortissime organizzazioni collaterali, orientata culturalmente e ideologicamente a destra.
A differenza del quadro attuale, che ha visto la totalità delle forze politiche in toto favorevoli all’autonomia della Sardegna, con la forzatura di alcuni partiti schierati sul fronte indipendentista, nel 1949, ci fu una certa contrapposizione, non molto drammatica, tra forze autonomiste e partiti schierati contro l’autonomia. Il Partito monarchico si dichiarò contro l’autonomia, considerandola un pericolo per l’unità dello stato, mentre i liberali, anche loro antiautonomisti, giustificarono la loro scelta, ipotizzando una maggiore pressione fiscale e un lassismo statale che avrebbe causato la diminuzione gli investimenti. Diverso l’atteggiamento dell’allora neofascista Movimento sociale italiano. Malgrado i precedenti che andavano dal riconoscimento della specificità sarda, realizzata dal pur autoritario e accentratore regime fascista, al formarsi alla caduta del regime di gruppi fascisti clandestini addirittura indipendentisti, fino alla necessità che la Sardegna avesse: “…in base al nuovo ordinamento, l’autonomia necessaria che la sua configurazione, la sua posizione geografica e il suo passato, le hanno dato il diritto di sognare e di avere…”. Così come enunciato, durante la Repubblica sociale italiana, da Francesco Maria Barracu, sottosegretario di Mussolini, il Msi assunse, con l’unica eccezione del futuro parlamentare europeo Giovanni Maria Angioy, una posizione contraria all’autonomia più per avversione nei confronti dei partiti del dopoguerra giudicati, a torto, servi delle potenze vincitrici, che per ragioni oggettive. Posizione che, in seguito, fu corretta anche a livello nazionale: nei primi anni ’60, il Msi ammise l’autonomia regionale, ma solo per la Sardegna e la Sicilia. Comunque, questa posizione non danneggiò più di tanto il partito che, anzi, ebbe un clamoroso successo passando dai 15.000 voti delle politiche del 1948 ai 35.000 delle Regionali, eleggendo tre consiglieri. Praticamente, più o meno, quanto hanno realizzato i loro molto ‘sbiaditi’ nipotini di Fratelli d’Italia, lo scorso 24 febbraio: 33.500 voti e tre consiglieri eletti.
Oggi, come allora, ci fu un aspra polemica per la svolta a destra del Psd’Az. La polemica odierna poggia su basi esilaranti del tipo:” Emilio Lussu si rivolterà nella tomba”. Allora, la polemica vide schierato in prima persona proprio Emilio Lussu, Nel corso del X congresso del Psd’Az, che si tenne a Cagliari il 4 luglio 1948, Lussu, accortosi di essere in minoranza, fece il bel gesto di abbandonare i lavori dichiarando: “La verità è questa: da una parte esce Lussu dall’altra entra Paolo Pili… la corruzione fascista si è impadronita del partito...”. Lussu con i suoi seguaci costituì, nei giorni successivi, il Psd’Az socialista, anche se prima delle elezioni del 1949 ci furono tentativi per riunificare i vecchi e i nuovi sardisti. Il quotidiano “L’Unione sarda”, il 14 marzo 1949, pubblicò un articolo intitolato “Nessuna fusione prima delle elezioni”: “Siamo lieti, ha dichiarato Lussu, della scissione: se questa non fosse avvenuta, e avessimo ottenuto la maggioranza, saremmo stati costretti a liberarci del peso di una massa anarcoide, o meglio disordinata. Così come avremmo dovuto espellere dal partito G.B. Puggioni, l’ing. Sale, Puligheddu, l’on. Oggiano, il senatore Mastino. E’ bene che si sia giunti alla scissione: i proprietari con i proprietari, i proletari con i proletari…”. Nel corso della campagna elettorale, Emilio Lussu in un discorso a Cagliari, dichiarò di avere la sicurezza che il suo partito avrebbe preso più voti del Psd’az nelle precedenti politiche: otterrà, invece, 38.081 preferenze, contro 60.525 dei Sardisti, ed elesse solo tre consiglieri regionali rispetto ai 7 dei rivali.
Ad aprile, quando le elezioni regionali erano imminenti, arrivarono uomini politici di tutti gli schieramenti: Cotellessa, alto commissario per l’Igiene, Mattarella, sottosegretario ai Trasporti, che pose la prima pietra degli edifici destinati ai ferrovieri e diede inizio ai lavori per la costruzione di linee ferrate, Iervolino, ministro delle Comunicazioni, che inaugurò posti telefonici pubblici in tutta l’Isola. Seguirono Scelba, ministro dell’Interno, per continuare con Togliatti, Nenni, Saragat, Covelli e Almirante, per chiudere in bellezza l’allora presidente del Consiglio, Alcide de Gasperi, che pronunciò il suo discorso da una finestra del palazzo della “Rinascente”, dando alla folla tante speranze per un futuro migliore. Domenica 8 maggio 1949 fu una giornata splendida che favorì l’afflusso alle urne dei Sardi. La percentuale dei votanti fu considerevole: 87% nel collegio di Cagliari, 82% in quello di Sassari e 84% in quello di Nuoro. Dopo lo spoglio delle schede, i risultati arrivarono il 10 maggio e nessun partito ottenne la maggioranza assoluta per cui fu necessaria una coalizione per governare la Regione. Il primo partito fu la Democrazia cristiana con il 34,1% dei voti e 12 seggi, pur lamentando una perdita percentuale considerevole rispetto alle precedenti politiche; poi il Partito comunista con il 19,4% e 13 seggi; terzo posto, forse a sorpresa, dal Partito monarchico con l’11,6% e 7 seggi complessivi (nel collegio di Sassari fu addirittura il secondo partito). Il Partito sardo d’azione guadagnò il quarto posto col 10,4% delle preferenze e 7 seggi (secondo partito nel collegio di Nuoro), davanti ai Sardisti socialisti col 6,5% e tre seggi, che furono attribuiti anche al Movimento sociale col 6,2%. Quindi, i Socialisti lavoratori ed il Partito liberale col 2% ed un seggio ciascuno, mentre L’Uomo qualunque non riuscì ad ottenere alcun seggio.
La composizione ufficiale del primo Parlamento regionale non riservò alcuna sorpresa. I favoriti ottennero la fiducia dei Sardi ed i più votati furono per la Dc, Giuseppe Brotzu, Luigi Crespellani, Efisio Corrias; per il Pci, Giovanni Lai, Luigi Pirastu, Sebastiano Dessanai; per il Psd’Az, Piero Soggiu; per il Psi, Giuseppe Tocco; per il Msi, Mario Pazzaglia e G. M. Angioy; per il Partito sardo socialista, Emilio Lussu e Giuseppe Asquer; per il Partito monarchico, Enrico Pernis. In attesa dell’elezione delle cariche del Consiglio regionale, i contatti tra i partiti diventarono frequenti per cercare una maggioranza in grado eleggere il presidente del Consiglio e della Regione. Il 28 maggio 1949, il nuovo Consiglio regionale, in mancanza di una propria sede, si riunì per la prima volta nel Palazzo comunale di Cagliari, poi venne, invece, ospitato nella sala del Palazzo regio e attenderà 40 anni prima di avere una sua residenza.
Nella prima riunione del primo Consiglio regionale, presiedette l’assemblea il consigliere più anziano, Angelo Amilcarelli, di origine abruzzese ma cagliaritano di adozione. Durante i primi due scrutini per l’elezione del presidente del Consiglio si delineò immediatamente una maggioranza, sebbene risicata, formata da Dc, Sardisti, Socialisti lavoratori e Liberali che disponevano di 31 voti contro 19 delle sinistre, 3 dei missini e 7 dei monarchici. Dopo due votazioni, venne eletto presidente dell’assemblea il sardista Anselmo Contu. Nell’elezione del presidente della Giunta bastò un solo scrutinio per incoronare il democristiano Luigi Crespellani, già sindaco di Cagliari.
Angelo Abis
(sardegna.admaioramedia.it)