La Sardegna è quasi fuori tempo massimo. La mancata approvazione di una legge di governo del territorio pone i Comuni sardi in una condizione di ritardo nello sviluppo che si va a sommare alla crisi generalizzata che di fatto sta trasformando il territorio sardo.
Nell’attesa di una nuova legge, le amministrazioni auspicano che questa diventi l’occasione per tutti gli enti locali di un nuovo sviluppo che, traducendosi in una certa e sicura, ma anche flessibile, attività di pianificazione locale che consenta la gestione autonoma del proprio territorio, possa essere in grado di creare le condizioni dello sviluppo economico della propria comunità e che con celerità possa adeguarsi alle occasioni offerte dal velocissimo mutare degli scenari locali, nazionali ed europei. Nel processo di approvazione della nuova legge ci si aspetta che il ruolo di centralità dei Comuni venga riaffermato, in quanto a loro spetta la prerogativa di soggetti attuatori della pianificazione e gestione del proprio territorio.
La Regione deve prendere coscienza che il primo soggetto da riformare è essa stessa, semplificando le varie funzioni coinvolte nel processo decisionale, individuando nel processo autorizzativo un unico interlocutore, spesso infatti la Regione con i suoi svariati e, spesso, non coordinati organi competenti in materia di pianificazione e valutazione ambientale preposti alla tutela del paesaggio valutano e indirizzano l’attività pianificatoria dell’ente locale in tempi inquantificabili.
La nuova legge dovrà prima di tutto partire dall’assunto fondamentale che la nostra Isola, non è un unico ed omogeneo territorio e non va trattato come tale, prescindendo dalle reali e specifiche situazioni che, da un capo all’altro, peculiarizzano e differenziano il territorio sardo e che, conseguentemente, hanno invece necessità di un differente e distinto approccio alla disciplina del loro territorio. La Sardegna non è solo costa, ma anche e soprattutto territorio interno che ha esigenze e problematiche spesso opposte a quelle degli ambiti costieri. Ma anche gli stessi territori costieri tra loro si trovano in condizioni di crescita molto diverse di cui è necessario tenere conto.
La Sardegna non può e non deve diventare solo una cartolina, un bene da contemplare, l’ambiente va tutelato non consumato, ma nello stesso tempo reso fruibile, solo così diventa un valore sul quale creare lavoro e sviluppo. Parallelamente i territori rurali, che costituiscono la quasi totalità del territorio sardo, oggi sono normati con le medesime regole senza tenere conto delle specificità del mondo agricolo tradizionale locale. Se, infatti, negli ambiti prossimi alle città o a quelli turistici è comprensibile che debba essere posto un limite all’antropizzazione incontrollata delle campagne, in altre parti del territorio sardo la presenza dell’uomo è l’unica reale garanzia di presidio del territorio e rappresenta un deterrente all’abbandono delle campagne.
Finora, prevalgono gli aspetti, principalmente per le fasce costiere, della salvaguardia dell’ambiente, della limitazione del consumo del suolo e della riqualificazione dell’esistente, ma non si affronta la principale problematica ‘ambientale’ della Sardegna che è lo spopolamento della zona interna con il conseguente reale danno sull’ambiente storico, culturale e paesaggistico che la morte di una così ampia porzione della nostra regione decreta. Il processo in corso, se non sovvertito, appare irreversibile e destinato tristemente a compiersi nei prossimi decenni. Solo l’approvazione in tempi brevi di una nuova legge di governo del territorio, che tenga in considerazione questi principi, potrà invertire la rotta.
Laura Cappelli – Sindaco di Buggerru
(admaioramedia.it)