La legge elettorale sarda, quanto a correttivi maggioritari e soglie di sbarramento, è tra le più restrittive in Europa e obbliga le forze politiche a ‘fare squadra’ ed evitare la dispersione dei voti; ma in tanti sembrano non averlo compreso, producendo candidature ‘a perdere’ che non fanno altro che avvantaggiare qualche avversario (o, magari, ‘occulto’ alleato…).
Il proverbio “sbagliando s’impara” mal si addice all’ex governatore Mauro Pili, che, dopo aver consumato la grande rottura con Forza Italia, non ne ha azzeccato una manco per sbaglio, fondando il movimento personale “Unidos”, rimasto fuori dal Consiglio regionale nel 2014 e con risultanti modesti (0,8% alle elezioni comunali di Olbia) dove è riuscito a ripresentarsi. Ciò nonostante ci ritenta e si ricandida alla testa di una coalizione ancor più sgangherata della precedente, “Sardi Liberi”, con gli indipendentisti di ProgReS (in rotta con Autodeterminatzione) e qualche dissidente sardista antisalviniano, come il consigliere regionale Angelo Carta, che gli consentirà di aggirare l’ostacolo della raccolta firme.
Anche se, probabilmente, voti ne prenderà ben pochi, c’è comunque il rischio che vengano sottratti anche a forze che potrebbero valorizzarli meglio, tra cui il centrodestra capeggiato dal sardista Solinas, che potrebbe doversela vedere anche con la candidatura ‘fai da te’ della magistrato amministrativa Ines Pisano, originaria di Bosa, ma in forza al Consiglio di Stato, fino a pochi mesi fa nota solo per qualche comparsata in Rai. Attualmente sostenuta solo sui social da chiassosi supporter che ne magnificano ovunque le virtù, alcuni dei quali l’hanno addirittura definita “Eleonora d’Arborea di Bosa”, e da altri che hanno scagliato ogni sorta di contumelia contro il senatore sardista (non senza le immancabili allusioni alla Massoneria) e contro il coordinatore regionale della Lega, Eugenio Zoffili, evidentemente reo di non aver patrocinato presso Salvini la possibile candidatura della Pisano quale frontwoman del centrodestra. Fallito il tentativo di ‘accozzo’, la Pisano insiste comunque, testardamente, nel volersi candidare e questo potrebbe dare qualche marginale, ma nocivo, grattacapo al centrodestra.
Nel frattempo ci si interroga anche sul posizionamento del leader del Partito dei Sardi, Paolo Maninchedda, al netto delle voci insistenti secondo cui, alla fine, confluirà nel centrosinistra guidato dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Reduce dall’insuccesso delle sue poco partecipate “Primarias”, il ‘Puidgemont di Macomer’ al momento intende proporsi come candidato solitario, e quanti voti potrebbe ottenere da solo e a chi potrebbe sottrarli resta un’incognita, considerato quanto è stato ondivago il personaggio.
Una pluralità di candidature che potrebbe apparire segno di ricchezza democratica, ma che, con una legge elettorale così pesantemente maggioritaria, rischia solo di far disperdere voti e negare il ‘diritto di tribuna’ a molti elettori gettando nel cestino i loro voti (nel 2014 si raggiunse il record di oltre il 16% di elettori votanti privati di rappresentanza in Consiglio), falsando il gioco democratico e facendo correre alla fragile democrazia sarda il rischio, potenzialmente letale, di essere ancora governata da raggruppamenti minoritari aumentando lo scollamento tra rappresentanti e rappresentati.
Sarebbe stato certo preferibile cambiare la legge elettorale, quanto meno per assicurare un ‘diritto di tribuna’ più equo alle formazioni minori ed attenuare quell’impatto da ‘fine del mondo’ che, in un sistema politico tripolare e potenzialmente quadripolare, viene determinato da un’eccessiva impronta maggioritaria. Ma adesso, a partiti e candidati tocca giocare con le carte che ci si ritrova, possibilmente ‘scoperte’ e magari, se necessario, fare un passo indietro quando il rischio fosse, dopo averlo aspramente criticato, quello devastante di ritrovarsi un quadro politico identico a quello uscente.
Caesar
(admaioramedia.it)