Ho visto l'articolo ("Cannonau, orgoglio dei sardi: ma all’estero non lo capiscono", Nuova Sardegna del 24 marzo 2015) che Pasquale Porcu, giornalista amante dei vini sardi, ha fatto al Vinitaly con i produttori vinicoli sardi. Dalle dichiarazioni degli intervistati ho notato, in particolare, la solita subalternità dei Sardi a ciò che viene da oltremare. Molti hanno detto che il Cannonau è il più antico vitigno coltivato in Sardegna, ma poi hanno cercato di paragonarlo al Grenache ("Il Cannoanu è complicato e meno bevibile dei Grenache francesi"), come se il vitigno primigenio debba raffrontarsi con uno dei suoi eredi. Semmai dovrebbe essere il contrario! Si parla di un vino che sta conquistando il mondo, mentre i produttori sardi, per poter vendere la limitata produzione isolana (nel 2013, prodotti 143.000 quintali di uve,100.000 ettlitri di vino, certificati solo 67.000 di cui. 60.000 imbottigliati nell'Isola ed il restante 10-15% fuori Sardegna, perfino in Svizzera) hanno voluto che potesse essere imbottigliato anche fuori dell’Isola. Prova evidente che in Sardegna manca la capacità di farsi conoscere e di espandersi nel Mondo con il prodotto imbottigliato nella zona d’origine. Si è parlato anche delle diversità qualitative tra le diverse zone dell'Isola; superabile se oltre alle tre zone previste già nel disciplinare: Jerzu, Oliena, Capo Ferrato, se ne aggiungano delle altre modificando il disciplinare.
In Sardegna abbiamo un grande vino, composto da un blend di tre vitigni autoctoni (Cannonau, Bovale, Monica). il Mandrolisai Doc. Una denominazione che sta scomparendo, ridotta ad una produzione di poche centinaia di ettolitri che, invece, meriterebbe una diffusione pari, se non superiore, al Cannonau che, talvolta, ha bisogno di essere rafforzato, più o meno alla luce del sole, con altri vitigni. Perché nessuno dei nostri enologi, anziché seguire le mode, non si dedica alla valorizzazione di questo vino che, negli anni '60, soprattutto nella versione Rosato, era diffusissimo nella ristorazione del Cagliaritano? Tra l'altro il Mandrolisai, sull'ottima scelta della denominazione data dal territorio anziché dal vitigno, come il Chianti, il Barolo, il Bardolino e tanti altri, non teme imitazioni (per esempio, lo Chateneuf du Pape è fatto con un blend di tredici vitigni, con predominanza del Grénache e Mourvèdre, ma anche Syrah, però lo si conosce nel mondo con il nome del piccolo paese del basso Rodano e non grazie ai vitigni, tanto meno con il nome del Grénache!
Ricordo ciò che è avvenuto con il Vermentino. Dopo che la Sardegna l'ha fatto conoscere nel mondo, ora viene prodotto ed importato in Italia anche dagli USA e dall'Australia. Se oggi si valorizza giustamente il Carignano del Sulcis Doc, apprezzato dopo la scommessa vincente della Cantina di Santadi e del suo presidente Pilloni, che ha fatto di un vino da taglio una delle perle dell'enologia sarda, è peccato pensare che prima o poi troveremo in commercio dei Carignano (anche solo Igt) prodotti in ogni parte del mondo?
Poiché non ho sentito nessuno degli intervistati dire che il Cannonau può difendersi dalle imitazioni, voglio ricordare che lo si deve al sottoscritto, che, durante la ventennale presenza nel Comitato nazionale per la tutela dei vini a Denominazione d'origine, ha promosso e lottato contro i pareri contrari di diversi colleghi. Lo stesso discorso si può fare ricordando che il Ministero dell’Agricoltura ha emanato un D.M. che riserva la denominazione del Cannonau esclusivamente ai vini Doc e Docg della Sardegna. L’Assessore di allora se ne prese i meriti, senza sapere che il giorno della discussione dell’approvazione del provvedimento, il rappresentante dell’Assessorato presente nel Comitato non era presente, e mi assumensi io tutta la responsabilità contro chi remava contro. Purtroppo, come al solito, nemo propheta in patria!
Romano Satolli – Presidente Regionale Unione Consumatori Sardegna