Quello che sta scoprendo sul suo stato dell’arte, la Cagliari Città Metropolitana globalmente interconnessa, da sempre priva di un’Accademia di Belle Arti, sembra essere un post trauma del mai stato, del mai avvenuto e pervenuto.
Cagliari non ha un sistema immunitario dell’arte, che la difenda dal mercato, non ha consentito nei secoli, che si stratificasse, nel suo tessuto topografico, formativo e informativo, una propria produzione e ricerca artistica locale; anomalia che pone il Cagliaritano medio incapace di criticare con cognizione di causa i valori artistici imposti dal mercato dell’altrove. Senza un’Accademia, Cagliari ha pieno titolo per diventare nei secoli la capitale dell’arte media di massa, quella che celebra “Amici” e Marco Carta, e coltiva un gusto barbaro per lo shock e la provocazione estetica fine a se stessa. Comparare il vissuto d’artistico di Cagliari a quello di altre città metropolitane, a partire dall’età moderna, equivale a sganciare un silenzioso peto in una sacrestia. Non si ha nessuna idea del linguaggio dell’arte fatto ricerca, si impongono semplicemente delle sue interpretazioni di senso, a denominazione ed origine controllata, che non passano per la didattica e la dialettica.
Eppure i linguaggi dell’arte insistono e resistono nell’Isola, ma con semi che paiono arrivare dall’altrove e che acquisiscono forma estetica soltanto presentandosi come prodotto. L’Arte funziona e funzionerà a Cagliari per sempre, nonostante tutto, ma continuerà a divulgarsi sotto forma di passaparola folk, di nascosto, per sentito dire, insomma sarà sempre qualcosa di sommerso nel momento stesso in cui si determinerà. L’Arte ha ed avrà sempre una funzione sociale e comunitaria, ma l’artista cagliaritano non avrà a Cagliari, gli stessi diritti che avrebbe dovunque, sarà sempre alle prese con una comunità incapace di calibrarsi e riflettersi nelle sue percezioni del tempo, eppure avrà la consapevolezza di parlare il più antico dei linguaggi umani. I linguaggi dell’arte questo sono, conversazioni e relazioni tra umani, nella loro non verbalità, collocano l’umano fuori dal tempo della parola superflua, sono archivio dell’identità, sono la comprensione dell’altro, qui e ora, davanti a te.
L’artefatto è un oggetto inanimato, una qualsiasi pietra può diventarlo, ma deve consentire la manifestazione di pensieri, emozioni e parole, nel dialogo deva farsi persona. Quello dell’abitudine didattica e dialettica è il solo e unico approccio possibile all’arte, è quello che scende i linguaggi vivi da quelli morti. Il feticcio a chiodi Nkisi dell’Africa equatoriale è una statua con chiodi di legno conficcati, che agisce e reagendo mettendo in circolo ‘mazzine’ e iatture, energia, questa è l’origine dell’arte. Nella Grecia antica non bastava forse una pietra sbozzata, il kolossos a fungere da sostituto del defunto? Questa è la radice dell’esperienza estetica dei linguaggi dell’arte, il feticcio a cui si attribuisce, attraverso la dialettica fatta didattica, la funzione della vita per finzione e per credenza. I linguaggi dell’arte sono vivi quando sono vivi i fruitori, ma se i fruitori non li formi è naturale che muoia nel tempo A questo servono le Accademie. Lo diceva già un tale di nome George Bernard Shaw: si usa uno specchio per guardare il viso, e si usa l’arte per guardare l’anima.
Dimmi che arte guardi e ti dirò chi sei e in che tempo vivi, per questo serve educare alla visione, serve ancora di più nel tempo dove le immagini artistiche passano per il web e la telefonia mobile, con tutti (proprio tutti) che rivendicano il titolo d’artista senza averne titolo. Questo s’immagina come unico futuro possibile dell’arte a Cagliari? Artisti per mala politica sottomessi e servi dei mercati dell’altrove, da imitare per trend e moda, per paura di restare indietro, quando si è indietro da secoli? Amatori che si danno il tono degli artisti, in una repubblica delle immagini, dove tutti gli artisti sono uguali? Non è vero che tutti gli artisti sono uguali. Senza adeguata formazione artistica e iconografica, il senso estetico resterà a Cagliari nei secoli un privilegio di classe. Continuerà a vivere una Storia dell’Arte bombardata da populismi e provincialismi dell’arte e dell’immagine. Siamo solo all’inizio di tutto questo, in una Cagliari priva di storia e memoria artistica, che non ha nessun argine a tutto questo.
Domenico Di Caterino
(admaioramedia.it)
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Angelo Liberati
Amico Mimmo Di Caterino, giusta, lo ripeto, la tua battaglia pro-Accademia a Cagliari che, come ho detto già altre volte, si giustifica per il fatto che le Accademie ci sono in altre città e quindi anche Cagliari la deve avere. Che poi la presenza possa influire più di quanto ha fatto il Liceo Artistico è almeno discutibile. per restare in Sardegna potrei rispondere che basta vedere quale è la situazione a Sassari. Se poi ci spostiamo sullo stivale, allora la domanda potrebbe riguardare città come: Catania, Firenze, L’Aquila, Bari, Catanzaro o Reggio, Siena, Roma, Milano dove le arti visive vivono una marginalità simile a quella cagliaritana con leggere differenze in meglio o peggio che non cambiano molto la realtà per ciò che riguarda l’indifferenza del cittadino medio nei confronti delle arti contemporanee. Alle tue considerazioni sulla situazione artistica delle città metropolitane senza Accademia potrei rispondere che basta osservare nella realtà e nelle varie espressioni della rete quale è lo stato di attenzione da parte dei cittadini di tutte le sfere sociali nei confronti di ciò che gli artisti più aggiornati propongono. Oppure esaminare il corpo docente di molte Accademie italiane, un buon osservatorio sono le commissioni per la legge del 2%, quando viene applicata, e verificare chi sono i vincitori di molti concorsi e controllare i facenti parte delle commissioni, dopo osservare le “opere” destinate al cosiddetto decoro urbano. Per modificare la terribile distanza tra pubblico medio e Arte ci vuole ben altro, un ben altro tutto da inventare; nel mentre la Lombardia corre dietro, quando va bene a Lilloni e quando scendi un pochino arrivi al ciarpane del Giovan Francesco Gonzaga. A Roma stessa cosa con Omiccioli o Fantuzzi, sali un pochino e puoi arrivare a Mario Mafai. Vogliamo passare per Napoli? La situazione la conosci tu meglio di me, però credo la situazione non sia molto diversa. In Sardegna corrono ancora dietro l’ultimo pezzetto di carta scovato in soffitta, firmato Biasi, nonostante l’Accademia a Sassari città natale di Biasi e di Sironi – ma per questa nascita la colpa forse va individuata in qualche corsa del piroscafo venuta a mancare – con un esercito di artisti, importati dalla penisola e non tutti utili alla causa, nonostante questo vai a verificare i risultati sull’ambiente cittadino per ciò che riguarda l’estitica, il gusto del bello o del brutto, la consapevolezza dei linguaggi artistici, inventati e praticati non soltanto, o almeno non sempre per andare in sintonia con l’arredamento e i tendaggi. A Sassari il critico che ha il potere di proporre a livello mondiale gli artisti che rispondono, pagando, agli appelli di massa, ha trovato da anni un terreno fertile, con personaggi in grado di catapultare risorse economiche da Cagliari in favore della Accademia. Tutto ciò senza nulla togliere alla tua buona iniziativa.