Tutto insabbiato, tutto da rifare. L’ultima sventagliata di nomine operata da Arrigo Miglio nella Diocesi di Cagliari porta con sé uno strascico di polemiche non da poco: su tutte, quella che riguarda la nomina di don Giancarlo Dessì a parroco di Segariu.
Dimenticati, dunque, i tempi in cui “L’Unione Sarda“, all’inizio di agosto di due anni, fa titolava: “Il parroco di Mandas è massone: nuova bufera sulla diocesi di Cagliari”. L’indiziato era proprio lui, don Dessì, finito in mezzo ad un vortice di accuse, lambito dalle inchieste giudiziarie e dai veleni che in quei mesi hanno pesantemente scosso la chiesa del Capoluogo sardo. Si parlava, all’epoca, di un dossier contenente indizi ben circostanziati e alcuni scatti fotografici che riprendevano il sacerdote in grembiule massonico e in compagnia di più noti affiliati, che avrebbe fatto la spola tra Cagliari e il Vaticano. Un abbinamento – quello tra clero e massoneria – drasticamente proibito dalla Chiesa, da sempre, pena la scomunica. Il prete provò a difendersi, alludendo ad un oscuro e furbo regista dell’operazione. I documenti che proverebbero l’affiliazione massonica sono ancora facilmente reperibili in rete, insieme alla cronaca di quei giorni così bui – come quelli attuali – per i cattolici cagliaritani: si racconta che la prudenza mostrata da Miglio sia stata demolita in fretta dal Vaticano, che impose al placido vescovo di trasferire il prete e affidare la parrocchia di Mandas ad altri. Data di fine mandato: 26 agosto 2016, poche settimane dopo l’inchiesta del quotidiano.
Nessuna spiegazione pubblica venne fornita, né del trasferimento, né dei motivi che lo avevano determinato, né del ritardo nell’intervento vescovile su una vicenda che aveva guadagnato in modo terribile gli onori della cronaca. Esattamente come oggi, in perfetto stile migliesco, il prete in odore di massoneria viene di fatto riabilitato come se niente fosse, senza uno straccio di spiegazione. Si diceva all’epoca che la cosa sarebbe stata oggetto di approfondimento nelle segrete stanze vaticane, dato anche il ritardo e la prudenza dimostrati da don Arrigo. Le solite malelingue raccontano che Dessì, peraltro, sia al centro delle vicende che coinvolgono anche altri sacerdoti, su tutti don Pascal Manca, il precedente parroco di Mandas condannato a otto anni per violenza sessuale su minori attualmente in attesa del giudizio di appello, e – pare – anche delle vicende mai completamente chiarite che riguardano don Michele Piras, che Giuseppe Mani si rifiutò di ordinare sacerdote, come invece fece poi Miglio, appena assiso sulla sede cagliaritana.
L’altra nomina che chiude un cerchio oscuro è quella che riguarda don Luca Pretta, l’ex parroco di Gesico che Miglio aveva rimosso in seguito all’avvio di un’inchiesta giudiziaria da cui però il giovane prete era uscito immacolato. Da tempo attendeva con molto nervosismo una nuova destinazione, anche se la scelta più opportuna avrebbe dovuto essere rimetterlo al suo posto, nel paesino noto per la sagra delle lumache. Pretta è stato invece prima parcheggiato all’Archivio diocesano, ora il nuovo colpo di scena firmato da Miglio con la nomina a “parroco della nuova parrocchia personale presso la chiesa di Santa Croce in Cagliari”, si legge nel sito della Diocesi. Il diritto canonico prevede l’erezione di questo particolare tipo di parrocchia per determinate categorie di persone: mentre quella tradizionale è determinata in base alla residenza dei fedeli, quella “personale” è una parrocchia alla quale si appartiene senza essere limitati da confini territoriali locali.
Troppo facile capire cos’è successo: forte del proscioglimento totale ottenuto dai giudici, don Pretta premeva per tornare a Gesico, o comunque perché gli venisse restituita la dignità sottratta con la rapida e forse intempestiva (in questo caso) rimozione. Per rimettere le cose a posto, Miglio lo ha destinato ad una “parrocchia personale”, che gli consentirà – come previsto dalle norme di diritto canonico – di assicurare il miglior servizio pastorale a tutti coloro che sono legati alla forma latina antica del ‘Rito Romano’, rito a cui Pretta è da sempre molto legato (e non solo lui, ma un’ampia fascia di preti tradizionalisti, che in diocesi abbondano). Da sempre, infatti, Santa Croce – nel territorio della parrocchia della Cattedrale, guidata da don Alberto Pala – è meta incessante degli amanti del vecchio rito.
Zaccheo
(admaioramedia,it)
One Comment
un consumatore
Strano che ci si meravigli del fatto che un prete fosse massone quando, come si apprende leggendo anche libri scritti da massoni, ci sono ben altre gerarchie ecclesiastiche tra la massoneria, oltre ad un piccolo prete di campagna. Non conviene rimestare il fango, perché più si rimescola, e più siamo ammorbati da tante schifezze.