Gli indipendentisti nostrani non cessano di stupirci: dalla ‘divisione dell’atomo’ stanno ora passando alla divisione delle particelle subatomiche, raggiungendo nuove vette della ‘fisica nucleare politica’, date le ultime evoluzioni (o involuzioni) del progetto “AutodetermiNatzione”. Dai sogni di replicare in salsa sarda lo schema vincente del leader catalano Carles Puidgemont (al netto dei mandati di cattura della giustizia spagnola che lo inseguono in tutta Europa) è passato alla dura realtà di un fallimentare risultato alle ultime elezioni politiche: poco più del 2% dei voti.
Dopo tale disastro, e le susseguenti polemiche dimissioni del portavoce del precario progetto (l’ex direttore del quotidiano “L’Unione Sarda”, Anthony Muroni), le rissose componenti dell’alleanza hanno intrapreso una lotta intestina senza quartiere, emarginando rapidamente Sardos (sodalizio facente capo a Muroni), poiché troppo ‘moderata’ e, perfino, sospetta di interlocuzioni col Partito democratico. Da ultimo, un lungo e polemico comunicato di Comunidades (sigla facente capo a Valentina Sanna, ex presidente dell’Assemblea regionale del Pd in ‘quota’ Paolo Fadda), secondo cui le altre sei componenti di “AutodetermiNatzione” sarebbero venute meno al principio della trasversalità che animava il progetto, annunciando perciò, oltre all’uscita dal progetto del suo raggruppamento, anche il ritiro del simbolo del cosiddetto ‘carrabusu’ (scarabeo noto in Sardegna con un nomignolo più irriverente) di sua proprietà intellettuale, facendo sbottare qualcuno: “sta portando via il pallone”.
A parte le dispute su un simbolo obiettivamente infelice, desta ilarità che nell’area indipendentista l’agognata trasversalità non si raggiunga neppure tra componenti politiche che, in otto, riescono a malapena a ottenere il due% dei voti, oltre tutto con l’handicap di partenza di vendere un ‘prodotto’ politico poco convincente per ragioni strutturali: per esempio, per il rilievo davvero eccessivo che è stato dato in un progetto ‘sovranista’ alla questione accoglienza dei migranti, che avrà forse attirato qualche raro consenso di estrema sinistra, ma ha certamente messo in fuga molti più elettori decisamente stufi della retorica immigrazionista.
In sostanza, l’impressione che viene data è quella di un negozio in cui i commessi litigano tra di loro su come servire il cliente, inducendolo per stanchezza a rivolgersi ad altre ‘botteghe’ politiche, che si sia trattato di quelle storiche e consolidate come il PsdAz – che se la ride dall’alto di un risultato superiore al 10%, nonostante le continue ingiurie dei leoni da tastiera ‘progressisti’ per la sua alleanza con la Lega – o di una vera e propria ‘Amazon’ della politica come il MoVimento 5 Stelle, che, nonostante si tratti invero di una formazione politica spiccatamente centralista, ha storicamente esercitato una grande attrattiva per molti ‘sovranisti’, anche per l’amicizia di Beppe Grillo con l’oggi decaduto leader indipendentista Gavino Sale.
I risultati parlano da soli, dato che in soli quattro anni, da un bacino potenziale di consensi pari, alle elezioni regionali del 2014, a circa il 12% dei voti (tenuto conto della coalizione “Sardegna possibile” e dei RossoMori, che allora si erano presentati col centrosinistra), si è riusciti a discendere letteralmente agli inferi elettorali: un po’ poco per poterlo giustificare con la sola attrattiva esercitata da PsdAz e M5S, abbastanza perché nell’area ‘indipendentista’ e ‘sovranista’ si pensi a un deciso ricambio di facce e programmi. Le facce son sempre le stesse da troppo tempo, e quanto ai programmi, per fare una scelta elettorale ‘immigrazionista’ il Pd e Leu, a tacer di “Potere al popolo”, bastano e avanzano.
Caesar
(admaioramedia.it)