Lo scorso 15 febbraio, il presidente Pigliaru ha firmato l’accordo per la cessione di Alcoa al gruppo svizzero Sider Alloys, che sembra essere non più di una sorta di lettera di intenti, e non ha alcun riferimento a un piano industriale o a un cronoprogramma per il riavvio degli impianti, in gran parte ormai inutilizzabili e che richiederanno ingenti iniezioni di denaro pubblico per poter ripartire.
Anche la successiva notizia legata a Enel produzione, che fornirà energia ad Alcoa a prezzi calmierati dalle nuove forme di incentivazione per le imprese energivore, sembra essere poco più che uno specchietto per le allodole, tant’è che la stessa Enel, se non ci saranno nuove politiche per favorire l’utilizzo delle centrali a carbone, piuttosto che carbon tax, come si prospetta perché lo vuole l’Europa, si troverà a dover chiudere la centrale Grazia Deledda prima che utopisticamente Alcoa riparta. Ci si aspetta pertanto che, passate le elezioni del 4 marzo, si scopra che l’accordo di programma per il rilancio della produzione di Alcoa e delle prospettive di reindustrializzazione del sito di Portovesme, sia soltanto un bluff.
All’illusionista Pigliaru si è aggiunto il prestigiatore Di Battista: “Senza lavoro si muore, subito reddito di cittadinanza”, avrebbe detto lo scorso 24 febbraio ad Iglesias. Probabilmente il grillino non sa che il reddito di cittadinanza, sia che si chiami cassa integrazione, o indennità di mobilità, o sostegno al reddito, nel Sulcis esiste da decenni. “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”, sembra essere l’adattamento del passo del romanzo “Il Gattopardo” ai tempi nostri. Motto che attecchisce, purtroppo, anche oggi nelle aree più povere del Paese, dove la povertà spesso non è soltanto economica, e dove l’assistenzialismo uccide ogni speranza e volontà di costruire una realtà differente da quella che è sempre stata.
Energhia
(admaioramedia.it)