Reddito di inclusione sociale: è questa la formula proposta dalle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) per contrastare la povertà crescente nel paese. A dirlo è il presidente Franco Marras durante la conferenza dedicata alla percezione della povertà in Sardegna: “Il reddito di inclusione sociale non è da interpretarsi con un approccio assistenzialistico”, al contrario “è commisurato ad una prestazione richiesta”, cioè serve a dare la possibilità di acquisire delle competenze che vanno spese sul territorio o in cambio di un servizio reso alla comunità.
Le Acli rimangono fedeli alla loro missione di “tutela di chi ha più bisogno”, nonostante siano anch’esse “vittime del debito pubblico che impedisce di usufruire di tutte le disponibilità che potrebbero esserci”. A chi è scettico rispetto a proposte di questo tipo, preoccupato per un debito di 2.300 miliardi di euro, Marras risponde che “è la conseguenza del welfare universale che ha fatto di noi un paese tra i più avanzati socialmente e che ha reso possibile l’assistenza sanitaria gratuita per tutti”. Certo, aggiunge il Presidente, “forse avremo potuto essere un po’ più lungimiranti. Un’idea per la risoluzione di quest’onere così importante comunque c’è, intervenire su quelle sacche di evasione fiscale che impediscono la raccolta delle risorse statali di cui abbiamo necessità”.
Marras ha anche parlato della disoccupazione giovanile, importante soprattutto per i laureati che investono nello studio senza avere alcuna garanzia di occupazione: “La causa di questo fenomeno è da ricercarsi non tanto nelle università, ma nel mercato. Solo il 9% degli occupati in Sardegna necessita del titolo di laurea, è dunque il mercato che non riesce a digerire il numero di laureati presenti sul territorio sardo e, chi si affaccia al mercato del lavoro deve ‘essere consapevole che probabilmente non avrà un lavoro coerente con il proprio percorso di studi”.
Silvia Pasquini