La Finanziaria 2018 sarà presto servita. Sarebbe utile in mezzo alla mole di dati numerici, i quali rischiano di risultare vacui se letti nell’insieme, soffermare l’attenzione su due indicatori che rivelano la scarsa lungimiranza della Giunta regionale.
Il prossimo anno, si apprende dalle anticipazioni, la Regione disporrà 346 milioni di euro per le politiche sociali, in pratica i soldi che (esclusi i servizi per l’infanzia) non genereranno alcun ritorno positivo; mentre solo 124 milioni saranno messi a disposizione per la formazione lavorativa. Sappiamo che la Sardegna risente di vari tipi di ritardo e quello della formazione e riqualificazione del lavoratore è uno dei più significativi: che piaccia o meno il mondo del lavoro al giorno d’oggi richiede competenze ed abilità (skills) che nel passato sono state ignorate, per cui il lavoratore con bassissima o bassa qualificazione fatica terribilmente a ricollocarsi nel mercato del lavoro odierno. Ciò non vale esclusivamente per le persone ultracinquantenni, ma anche per i giovani che risentono di un tasso di dispersione scolastica altissimo.
In un tempo. che ormai sembra lontanissimo, chi non aveva piacere di studiare poteva scegliere di dedicarsi al lavoro: muratori, operai, carpentieri, braccianti agricoli. Con la crisi del 2007 e la successiva contrazione della domanda di beni non essenziali queste figure sono andate progressivamente a ridursi, così come le fette di mercato che ne sostenevano l’occupazione, cadendo in una spirale allarmante di disoccupazione (o inoccupazione). Quello che descriviamo non è successo esclusivamente nella nostra regione, ma in tutta Italia con punte particolarmente allarmanti nel Mezzogiorno.
La Giunta regionale, investendo solo 124 milioni di euro per il 2018, comunica un messaggio pericoloso: è preferibile per le istituzioni sovvenzionare con poche centinaia di euro i ‘nuovi disperati’ che investire e scommettere nel loro avvenire dotandoli di corsi formativi utili a fornir loro non solo nuove prospettive, ma restituendoli quella dignità che in molti sentono di avere perduta (o addirittura mai costruita) assieme al posto di lavoro.
Il campanello di allarme deve suonare forte, fortissimo, e le opposizioni consiliari non dovranno ignorarlo. Lo spopolamento dei piccoli centri urbani, la ‘fuga di cervelli’ fuori dal contesto isolano, la decrescita della popolazione sono tutti segnali che una Giunta dovrebbe leggere per dare uno stimolo forte alle politiche attive (come la formazione e la riqualificazione) e non alimentando quelle politiche passive che rischiano di diventare la mesta presa di coscienza che le Istituzioni per prime non credono al rilancio di una terra che, a parole, ha ancora tante potenzialità inespresse, ma sulle quali nessuno vuole investire realmente. Diamo voce a chi non vuole arrendersi a questa visione, o i campanelli di allarme diventeranno campane che suoneranno il requiem con buona pace di chi continua ad alimentare l’ignoranza vendendola per 300 euro una tantum.
Tigellio
(admaioramedia.it)