Stanno mettendo in campo energie e finanziamenti certamente degni di altri nobili obiettivi. Ma sul piatto dell’immigrazione e dell’accoglienza dei rifugiati, veri o presunti, la sinistra nostrana si sta giocando la faccia e le sue imminenti sorti elettorali. Perciò, ogni strumento è buono per aggiudicarsi la vittoria.
Non solo corsi di ‘rieducazione’ per giornalisti, come quello organizzato dall’Ordine regionale della Sardegna, nell’ambito del programma di formazione continua dei propri iscritti, dal titolo “Migranti: c’è posto anche per loro”: una sorta di imperativo rivolto a chi potrebbe trovarsi a trattare sui media il problema dell’immigrazione. Ma anche corsi, mostre, dibattiti, seminari e chi più ha idee più ne esponga, all’insegna del ‘c’è posto per tutto’.
A Cagliari, nei prossimi giorni, sarà ospitata nella Mediateca comunale, la mostra fotografica “Storie non numeri”, dedicata al tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo: “Sguardi, sorrisi e pensieri di chi ha attraversato il Mediterraneo e cerca qui una vita migliore”, si legge nella presentazione. Ed ovviamente nella locandina l’immagine di un bambino che gioca, perché in questa battaglia il lato emotivo non va trascurato ed è quello che può far pendere la bilancia. Ne sa qualcosa, il povero bambino siriano, Aylan, riverso senza vita a faccia in giù su una spiaggia turca, esibito nelle prime pagine di tutti i giornali, inconsapevole oggetto di sensazionalismo emotivo e vittima dell’ipocrisia di chi attraverso la sua morte voleva portare acqua al mulino di un progetto politico. Ovviamente, ”ad arricchire l’allestimento – spiegano gli organizzatori – saranno cinque pannelli descrittivi che raccontano i numeri dell’accoglienza in Europa e in Italia nel 2016”.
Come dimenticare, nei mesi scorsi, il seminario a Santa Teresa di Gallura “sull’educazione alla fraternità verso i migrantes”, rivolto a tutta la cittadinanza, ma soprattutto agli studenti, con la presenza di importanti relatori, come una docente di Antropologia medica dell’Università di Torino.Oppure, a Milis, una tappa del progetto “Osvic”, curato da Coldiretti, di orientamento alla formazione professionale degli immigrati. Una ventina, tra richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione sussidiaria e umanitaria, ospiti di un’azienda agricola hanno assistito ad una lezione pratica sulla potatura degli aranci. Un progetto di inclusione lavorativa che fornisce “informazioni sulle varie professionalità che il modo agricolo oristanese sviluppa” con l’obiettivo di “fornire strumenti professionali ed esperienziali, così da acquisire conoscenza sulla realtà locale da un punto di vista lavorativo e produttivo, con il fine di promuovere la loro autonomia ed integrazione”.
Non solo lavoro, però, ma anche approccio ai mezzi di comunicazione. Si chiama “Nois” e si caratterizza come “il primo telegiornale realizzato e condotto da migranti – hanno spiegato gli ideatori, Sardegna teatro ed il canale online Eja tv – con la volontà di una vera integrazione tra i migranti e gli abitanti dell’isola”. Sono state prodotte alcune puntate dedicate al tema dell’immigrazione, con informazioni pratiche sui servizi disponibili, sulle possibilità di inserimento nella realtà dell’isola, ma anche con notizie di carattere culturale.
Alcuni esempi per raccontare cosa sta accadendo. Ovviamente, si tratta di iniziative abbondantemente finanziate coi fondi europei e/o regionali, che comunque la si voglia rivoltare sono sempre fondi pubblici. Insomma, ‘business’ non solo per chi si è ‘votato’ all’accoglienza, ma anche per una rete culturale che intorno al fenomeno sguazza a proprio agio e continua a produrre reddito. Se ci fosse chi nutre ancora dubbi sul fatto che a qualcuno l’emergenza immigrazione conviene.
Arsenico
(admaioramedia.it)