Le ruspe continuano a lavorare sugli arenili dell’Area Marina Protetta di Villasimius, in particolare a Is Traias per rimuovere la poseidonia, le proteste degli ambientalisti non si placano, seguite da un eco di sagge parole degne di riflessione, mentre lo stato di salute delle spiagge simiesi rimane alquanto incerto.
«Chi ha autorizzato i lavori?» La domanda arriva dal presidente del Gruppo di Intervento Giuridico, Stefano Deliperi. Una domanda che gli ambientalisti hanno posto già da tempo, da quando, erano i primi di agosto, ruspe e autocarri lavorarono in modo industriale sull’arenile di Is Traias per molti giorni asportando una montagna di poseidonia, depositata dal mare lungo la battigia della piccola e delicata spiaggia appartenente al demanio marittimo e situata nel mezzo dell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara.
I lavori sono continuati ma la risposta non è mai arrivata. Il Grig, nel rapporto ricorda che già negli anni scorsi sono stati condotti simili lavori nella vicina spiaggia di Porto Luna e che dopo le loro segnalazioni, i carabinieri del Noe, a istanza della Procura della Repubblica del Tribunale di Cagliari e su disposizione del gip, posero sotto sequestro (12 novembre 2015) l’area della spiaggia interessata e che a seguito si innescarono una serie di fattori che portarono ad una forte erosione provocando rovinose frane del costone. Tuttora la spiaggia si lecca le ferite, e giace interdetta, con il suo carico di danni insanabili, incontrollabili e incalcolabili. Non sta a noi riformulare la stessa domanda o verificare timbri e firme, ma siamo preoccupati, perché mentre la legge per il rispetto dell’ambiente vieta l’accesso alle spiagge ai veicoli di qualsiasi genere, protegge e proibisce la rimozione della flora marina in particolare poseidonia, sabbia e sassi e malgrado si sostengano i costi dell’Area Marina Protetta le spiagge simiesi agonizzano.
Abbaiano alla luna anche tanti altri illustri esperti personaggi del settore. Citiamo le perplessità espresse dal professor Sandro Demuro, docente di Difesa delle coste e morfo-dinamica all’Università di Cagliari: «E’ stato autorizzato dalla Regione l’utilizzo di mezzi meccanici di grandi dimensioni e molto pesanti per pulire gli arenili – spiega Demuru – Questo è uno dei comportamenti più pericolosi soprattutto per le piccole spiagge come Is Traias. Non bisogna prelevare la sabbia o rimuovere le foglie della poseidonia».
Bisogna ricordare che questa strana vocazione di “danneggiare” le spiagge iniziò parecchi anni fa, quando “la mano dell’uomo” per dare slancio allo sviluppo turistico del paese, decise di ampliare il porto turistico, deviando le naturali correnti marine che in poco tempo distrussero la spiaggia del Riso: una bellezza unica al mondo. Si scrisse una penosa pagina storica del nostro ambiente che ancora oggi a capo chino si tende a nascondere. E se non bastasse ora è tempo di aggiungere un’appendice a fondo pagina: ci riferiamo a quanto sta succedendo alla confinante spiaggia di Campulongu. Questa fa meno rumore perché è meno famosa, ma certamente non scoppia di salute. Era inserita fra mare e ginepri argentati. Una perla: si poteva entrare in mare per centinaia di metri senza affondare, le famiglie locali la ricordano perché portavano i bambini ad imparare a nuotare. Ora quell’immenso arenile bianco non esiste più, le onde di ponente vanno a sbattere contro un muro longitudinale privato, fatto alcuni anni fa con pietre e cemento e le modificate correnti marine di ponente della vicina zona portuale, che vanno a sbattere nel muro, dopo aver portato via tutta la sabbia, stanno erodendo anche quelle poche rocce calcare rimaste. La sabbia è sparita, non c’è più posto per stendersi al sole se non si è seduti, e bisogna che ci sia il mare calmo e la bassa marea.
Che fare allora? Accorciare la “mano dell’uomo” e mandare in pensione l’Area marina protetta? Staremo a vedere.
Angelo Picariello
(admaioramedia.it)