Ormai è diventata una voce unica la richiesta che il Consiglio regionale metta significativamente mano, per rivederla in molte parti, alla riorganizzazione della rete ospedaliera proposta dalla Giunta.
Per l’Esecutivo sarebbe a dir poco inopportuno e infelice scelta politica far finta che lo scorso 6 luglio per la Sanità sarda non sia successo niente, quando non meno di 4.000 persone insieme a molti rappresentanti delle Comunità locali si sono messi in viaggio da tutti i territori dell’Isola per esprimere la propria preoccupazione sul futuro dell’organizzazione sanitaria dell’isola, quindi per la salute dei singoli cittadini. Il progetto proposto dalla Regione, secondo la Cisl sarda, riscontra reazioni negative perché non ha mai tenuto in seria considerazione le sensibilità espresse dai territori, men che meno le istanze del sociale organizzato. Secondo la Cisl la riforma è partita al contrario: anziché dalle esigenze locali ha preso il via dalla riorganizzazione della tecnostruttura organizzativa e dalla preoccupazione dominante della sua sostenibilità finanziaria e di contenimento della spesa pubblica. Questa impostazione dirigista e accentratrice rischia di prefigurare un complessivo arretramento dell’intervento pubblico soprattutto nelle periferie più esposte, mettendo in seria difficoltà la coesione di interi territori sardi.
La Cisl sarda sostiene da tempo l’idea per cui la Regione debba adattare il modello sanitario alle peculiarità di un Isola, con un territorio di 24.000 kmq che fatica a garantire i livelli essenziali di assistenza e che non può cancellare con un colpo di spugna presidi ospedalieri utili a garantire il diritto alla salute in realtà con specificità geografiche e territoriali delicate e quindi meritevoli di una attenta considerazione da parte della Regione. Una sanità che dovrà raccordarsi maggiormente con la dimensione del welfare in una Regione che assiste a una radicale trasformazione del proprio quadro sociale. Per la Cisl sarda, l’approccio sindacale al comparto sanitario continuerà ad essere esercitato nel duplice riferimento al paziente e a coloro che operano nel sistema dell’offerta del servizio sanitario e socioassistenziale (medici, infermieri, personale di assistenza, personale amministrativo, precari etc.) che sovente sembrano scivolare in secondo piano.
Ignazio Ganga – Segretario generale Cisl
(admaioramedia.it)