Mancano due anni alle nuove elezioni regionali. Il malcontento antigovernativo dilagante nella nostra Isola è anche oggi (se ce ne fosse bisogno) certificato dal sondaggio che indica per il Presidente Pigliaru la peggiore performance in tutta Italia (-12,5% di perdita di consenso, dall’elezione). La ‘Giunta dei professori’ si appresta dunque ad essere sostituita, senza nessun rimpianto, mentre già comincia il dibattito sul ‘dopo’.
Da quando la Sardegna elegge (o ‘indica’) il Governatore, non si può certo dire che ci sia stata fortuna per i Presidenti ‘uscenti’… Nel 1999 vinse il centrodestra e venne indicato Pili. Che si presentò nel 2004, ma venne sconfitto da Soru. Lo stesso si ripresentò nel 2009 per essere sconfitto da Cappellacci. Che si ripresentò nel 2014, per perdere con Pigliaru. In altre parole, sembra che i sardi, negli ultimi vent’anni, abbiano sempre avuto una grande fretta di sbarazzarsi del Governatore in carica. E’ una considerazione che ci dovrebbe far riflettere.
Dal mio punto di vista, significa che i due schieramenti che si sono alternati al governo della Sardegna sono stati sempre assai efficaci nel mettere in risalto i limiti del governo altrui, ma non altrettanto bravi e capaci quando è toccato il loro turno. E non sembra che i tempi stiano per cambiare: se oggi è desolante il panorama del centrosinistra, è difficile dire che il campo avverso pulluli di fuoriclasse, pronti a creare entusiasmo tra la gente e a rivoluzionare la Sardegna, come sarebbe indispensabile. Ne’ l’esperienza romana della Raggi ci può far sperare che per salvarci sia sufficiente sostituire le vecchie facce, con facce nuove di sprovveduti.
E allora? Per noi Riformatori che, nel sistema maggioritario ci collochiamo nello schieramento alternativo a quello che oggi governa la Sardegna, esiste solo una strada possibile. Quella di un percorso, senza paletti ideologici e senza esclusioni, che metta insieme su un progetto faticoso e chiaro (sei leggi di cambiamento da approvare nei primi sei mesi della legislatura), chiunque voglia superare questo fallimentare governo del centrosinistra. Un progetto che sappia parlare ai sardi, spiegando loro il disastro odierno della Sardegna, promettendo sacrificio e sudore (che ci sarà comunque) per rivoltare come un calzino questa terra che deve passare dall’assistenzialismo e dall’elemosina con il cappello in mano alla piena indipendenza economica.
Dopo i Comitati per il ‘No’, per ‘non fare’ qualsiasi cosa, questa terra ha bisogno di tanti, laboriosi ‘Comitati per fare’. Ma chi potrà guidare un simile processo in cui la politica è chiamata a parlare una lingua nuova, rivoluzionaria e scomoda? Anche qui credo che il percorso sia obbligato: soltanto un leader scelto in modo innovativo dai sardi può avere l’autorevolezza per guidare uno schieramento che vincerà solo se sarà in grado di incarnare la discontinuità.
Noi Riformatori siamo considerati il ‘partito delle primarie’. Le abbiamo sempre chieste, ci crediamo sino in fondo, abbiamo promosso un referendum in merito che nel 2012 ha raccolto oltre il 90% del consenso dei sardi. Mai come questa volta, le primarie possono essere decisive. Questa volta non possiamo limitarci a parlare un po’ di primarie per ‘prendere il giro i Riformatori’. Questa volta le dobbiamo fare sul serio per dare possibilità di vittoria all’alternativa a questo centrosinistra, ma più ancora per poter dare un percorso credibile e di concreta speranza alla nostra Sardegna.
Pierpaolo Vargiu – Deputato dei Riformatori
(admaioramedia.it)