Non è una banale crisi politica, ma una rottura senza precedenti sul ruolo svolto dal presidente della Regione. E’ una crisi di idee e di valori che non è rimediabile con una nuova distribuzione di poltrone, perché ha visto una sconfessione clamorosa della linea politica del primo presidente della storia che ha rinnegato l’Autonomia.
Non si tratta di un singolo episodio, perché la cessione della sovranità e dell’Autonomia ha caratterizzato tutto il mandato di Pigliaru fin dall’inizio: ha alzato bandiera bianca sul ricorso per le accise, ha firmato intese sulla Tirrenia vantaggiose solo per la compagnia, ha regalato a Renzi centinaia di milioni dei sardi con la sua resa incondizionata sulle entrate, ha consegnato al Ministero le chiavi della politica sul paesaggio, ha chiuso le scuole nei piccoli centri, non ha battuto ciglio davanti alla trasformazione della Sardegna in un centro di accoglienza per migranti. Insomma, ha messo in pratica quella cessione della sovranità, che già predicava da professore universitario.
Questa linea è stata bocciata da una massa di sardi, che va perfino oltre i confini delle forze di opposizione e che travolge una Giunta che si è solo accodata alla narrazione renziana di un Paese immaginario, di una politica che vive nell’illusione che basti non citare i problemi per spacciarli come risolti. Con il referendum, Pigliaru ha consumato l’ultimo atto, il più disonorevole della sua esperienza politica: ha detto ai Sardi che si poteva rinuncia all’Autonomia perché tanto lui possiede il numero di telefono dei ‘lucalotti’ vicini al Presidente. La risposta dei sardi è stata molto più di un voto, una vera e propria sommossa con i metodi della democrazia.
A questa ribellione di popolo il Presidente ha saputo rispondere solo con un prolungato silenzio, interrotto solo dalla gaffe sul voto dei cittadini di Bolzano come risposta a quello dei Sardi che egli dovrebbe rappresentare. Ora più di prima, Pigliaru è come Don Abbondio, un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro: prima questi ultimi erano i notabili del giglio magico, ora sono i feudatari della sua maggioranza. L’Isola non può restare bloccata dall’indecisionismo di un Presidente tutto teoria e zero pratica, dalle faide del Pd e dagli equilibrismi per tenere uniti i rimasugli della maggioranza a suon di poltrone e politiche volte solo ad accontentare i feudatari. Dopo due anni di codardia politica, Pigliaru faccia un atto di coraggio e rassegni le dimissioni.
Ugo Cappellacci – Coordinatore regionale di Forza Italia
(admaioramedia.it)