In un serio programma “Sardegna-Golf” per costruire e gestire campi di golf servono finanziamenti rilevanti: per un percorso di medio livello e senza grandi difficoltà costruttive occorrono attorno ai 5 milioni di euro, a parte il costo del terreno. Ovviamente, servirà molto di più se si vuole che siano realizzati da grandi firme. Peraltro, un circuito di grandi campi non si improvvisa, richiede oltre ai costi tempi piuttosto lunghi: sarà meglio cominciare con una rete di campi meno preziosi, non lussuosi ma belli.
Quasi sempre le iniziative sono di società o privati che per sostenere le spese costruiscono alberghi e soprattutto ville e appartamenti da vendere. Questo è il sistema generalmente usato e lo si è seguito anche in Spagna: si sono costruiti molti campi a scopo turistico creando la cosiddetta ‘bolla immobiliare’ che ha causato tanti problemi. Occorre evitare una situazione simile: in Sardegna esistono molte, troppe, seconde case, di ‘non residenti’ e non è accettabile che se ne costruisca ancora. Da un’indagine fatta anni fa dovrebbero essere almeno 150.000, metà per affitti turistici, con circa 300.000 posti letto ed una cubatura attorno ai 75 milioni di metri cubi, utilizzate quasi esclusivamente nel periodo estivo. Si può sviluppare questo settore senza pagare tale scotto? La risposta è ‘si può’, è fattibile con un forte impegno e con una buona capacità organizzativa. Occorre precisare che campi di golf senza insediamenti immobiliari possono essere considerati come trasformazioni agricole (anche per i consumi di acqua, concimi, anticrittogamici) e non rientrano tra i limiti e le competenze urbanistiche, riducendo la burocrazia.
Ipotizzando la creazione di un circuito di campi a 18 buche, bio-golf, ecocompatibili, inizialmente una trentina, in gruppi di 3-4, su terreni set-aside, incolti, non utilizzati, possibilmente pubblici, non pregiati, nelle zone già con ampia capacità ricettiva, in seguito pure in altre, senza indici fondiari, non è indispensabile la vicinanza ad aeroporti. Importante è il sistema: un campo da solo non è tanto attraente, un gruppo di 3-4 lo è molto di più, ed ancora di più una rete di una trentina di campi. Un altro aspetto importante riguarda i costi di viaggio. In un campo di 18 buche possono giocare contemporaneamente 72 giocatori (squadre di 4), un giro richiede attorno alle 4 ore, in una normale giornata possono giocare 144 giocatori (anche di più in primavera-inizio estate): averne tre vicini significa poter ospitare gruppi di 300-400 che consentirebbero di usare aerei a grandi capacità con costi di trasporto contenuti.
La spesa per costruire un campo è finanziabile con mutui agevolati dal Credito sportivo del Coni, o di altre banche, ammortizzabili in 15-20 anni, attorno al mezzo milione all’anno. Altrettanto è necessario per la gestione (personale, manutenzioni), in totale 1 milione all’anno. Portando 100 turisti-golfisti al giorno che pagano 30 euro di greenfee (quota giornaliera) si incasserebbe 1 milione di euro per campo (100x30x350 = 1 milione, cifre arrotondate per comodità) sufficiente per coprire le spese (la quota indicata potrebbe essere più alta, almeno € 50, in un campo rinomato si paga molto di più). L’obiettivo è portare in media 100 turisti al giorno, in un anno 35.000 per ogni campo, complessivamente oltre 1 milione di presenze, a cui potrebbero aggiungersi familiari e amici. Sarebbe circa un 10% delle attuali presenze, costanti in tutti i mesi, in gran parte nel periodo non estivo, un importante contributo per l’economia della Sardegna. L’introito complessivo dovrebbe aggirarsi, stimando una spesa giornaliera media di 150 euro, attorno ai 150 milioni ogni anno, corrispondenti al totale dell’investimento, circa 500 gli occupati diretti. Sono cifre di tutto rispetto che dovrebbero indurre Regione, enti competenti, imprenditori, a studiare bene questa idea. Quale altro tema può offrire prospettive analoghe?
Il principio base del progetto “Sardegna-Golf” deve essere quello di portare reddito e lavoro, non di arricchire qualcuno. Occorre creare una rete di imprese locali, funzionanti con logica produttiva, che si occupano della logistica, dei campi, soggiorni e attività collaterali, in associazione con i proprietari dei terreni (privati e enti), collegate tra loro, col coordinamento dell’Assessorato del Turismo, orientate all’autosufficienza economica, senza sovvenzioni e contributi, a parte garanzie e un normale supporto promozionale, non carrozzoni semi-pubblici. E’ impegnativo e difficile, ma si può, si deve fare.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)
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