La notizia della scomparsa di Claudio Olinto de Carvalho, in arte Nenè, ha velato di tristezza il weekend degli appassionati di calcio di Cagliari e non solo. Una persona di grande spessore, ancor prima che ottimo giocatore. Chi ha avuto la fortuna di ammirare quella squadra con i propri occhi ne parla tuttora come un gruppo di cari amici di famiglia, da portare sempre nel cuore con riconoscenza. Lo Scudetto del Cagliari ha rappresentato un evento epocale per tutta la Sardegna, non solo per la città. E l’animo di Claudio Nenè, in mezzo a quegli eroi sportivi, viene considerato quello più buono e generoso. Ben voluto da tutti. Dal punto di vista personale, non avendo avuto la fortuna di conoscerlo, posso portare la testimonianza di mio padre Luigi, che ha lavorato per tanti anni al centro della città e lo incrociava spesso: “Una persona buona, gioviale e gentile con chiunque. Lo incontravo solitamente dalle parti di via Catalani, abitava in via Sonnino. Lo salutavo ed il dialogo era più o meno sempre lo stesso: mi chiedeva <Tutto bene?> e al mio sì urlava <E vai!>. Era ben voluto da tutti”. Un beniamino della gente. Il brasiliano si è spento a 74 anni dopo una lunga malattia ed in tanti, tra ex compagni e colleghi, hanno voluto rendergli omaggio.
Enrico Albertosi. Il numero 1 del Cagliari scudettato e della Nazionale ha messo subito in luce l’altruismo e la bontà d’animo di Claudio: “Oltre che un grande calciatore, è stato un amico nel vero senso della parola. Di ogni cosa tu avessi bisogno, lui c’era. Siamo stati compagni per sei anni, ed i primi tre sono stati i migliori dal punto di vista dei risultati per la nostra squadra. Ognuno suppliva all’altro nei momenti di difficoltà. Viene a mancare una grande persona, di cuore, che si faceva in quattro per tutti. Con i giovani era particolarmente attento, cercava sempre di dare un consiglio da buona chioccia. Non ci siamo visti molto fuori dal campo perché avevamo frequentazioni diverse, ma anche in occasione delle trasferte e nel tempo che passavamo insieme era uno dei miei prediletti. Dal punto di vista calcistico, mi ricordo bene che dovette cambiare ruolo da ala tornante in mezzala con l’avvento di Domenghini: costretto a quel punto anche a contenere gli avversari, fu bravissimo e si sacrificava per tutti. Siamo rimasti sempre amici, anche a distanza di così tanto tempo dallo Scudetto. Ogni 3-4 mesi scendo tuttora in Sardegna per mangiare con gli ex compagni, ma negli ultimi anni ho preferito ricordarlo come ai bei tempi sul campo”.
Gigi Piras. L’ex attaccante ha ricordato quando “il giorno dell’ esordio in A, nel 1974 contro la Fiorentina, sostituii proprio Claudio perché si infortunò a pochi minuti dalla fine. Ero già andato in ritiro con il Cagliari due anni prima ed avevo subito avuto modo di conoscerlo come persona sempre attenta alle difficoltà dei colleghi. I suoi consigli, uniti a quelli dei compagni più esperti, sono stati importantissimi per i giovani come me. L’attaccamento che aveva alla squadra era massimo, non gradiva che si parlasse male della società e non gli piaceva la maleducazione. Nel dopo carriera ho avuto modo di incontrarlo quando lui lavorava per la Juventus, in occasione di qualche torneo: ogni volta che incontrava dei sardi era una grande festa, perché è sempre rimasto molto affezionato agli isolani: tanto che poi ha deciso di tornare a vivere qui. Negli ultimi anni gli altri giocatori del Cagliari dello scudetto si sono sempre preoccupati per lui, ogni compleanno andavamo a trovarlo per fargli una piccola festa. Ricordo quando palleggiava negli spogliatoi con un’arancia insieme a Brugnera. Inoltre si divertivano a colpire una monetina da 100 lire di tacco, mandandola direttamente nel taschino della giacca: un bellissimo spettacolo”.
Oreste Lamagni. Il difensore ed ex capitano rossoblù è rimasto profondamente scosso: “La scomparsa di Claudio è davvero una brutta notizia che mi lascia un grande dispiacere. Una persona davvero squisita. Da buon brasiliano era un vero allegrone: aveva sempre il sorriso sulle labbra, pronto allo scherzo e alla battuta. Quando mi aggregai alla prima squadra nel 1970, mi ricordo che nei confronti miei e degli altri giovani fu disponibilissimo, lo ricordo con estremo piacere anche per questo. Sapevo dai compagni rimasti a Cagliari che le sue condizioni negli ultimi anni erano peggiorate notevolmente. Da una parte c’è il dispiacere per la scomparsa di una persona cara, ma dall’altra la serenità per la fine delle sue sofferenze”.
Giuseppe Tomasini. Parole cariche di disperata malinconia, per chi ha condiviso con lui tanti momenti anche fuori dal campo: “Parlare di Claudio è come parlare di mio fratello. Una persona a cui abbiamo voluto tutti bene, buona, rispettosa, oltre che un grande atleta. Preferisco parlare dell’uomo Nenè e non del giocatore, perché eravamo tutti forti ma lui aveva quel qualcosa in più. Dal punto di vista personale è stato un grande amico, con cui ho condiviso felicemente 10 anni della mia vita. Ci mancherà tanto. Umile e buono. Andavo a trovarlo tutte le settimane a Capoterra dove era ricoverato, finché è riuscito ci salutava dandoci il cinque e un bacio. Per me ma anche per i miei ex compagni è una giornata molto triste. Un aneddoto scherzoso che mi lega a lui riguarda il suo matrimonio: si sposò a Torino durante i Mondiali di Messico ’70, metà squadra era in Nazionale e ci andammo io e Zignoli. Dovevamo pensare al riso, ma quando gli sposi uscirono dalla chiesa ci rendemmo conto che quando ce lo aveva chiesto non stava scherzando. Fummo costretti all’ultimo momento a cercare il riso per tutta Torino, per la sua felicità. Era un allegrone, pensava sempre a tutti e si prodigava per tutti. Una persona in gamba. Lo avevano soprannominato ‘Il Quinto Moro’ per il grande affetto che i sardi avevano riposto in lui”.
Adriano Reginato. Il secondo portiere del Cagliari scudettato ricorda un uomo disponibile e umile: “Ha dato molto al Cagliari prima e dopo lo scudetto, metteva sempre tutto in campo. Ebbi il piacere di debuttare in Serie A con il Torino nel 1963 proprio lo stesso giorno di Claudio che invece militava nella Juventus. Gli piaceva scherzare, un uomo buono e modesto. Siamo rimasti sempre in contatto anche dopo la carriera agonistica. Passeggiava per strada e salutava sempre, un amico di tutti. Avrebbe meritato maggior fama, rivalutando a distanza di tanto tempo cosa ha fatto nel Cagliari. Richiamava l’attenzione dei compagni in campo dicendo ‘Oba!’. Voleva sempre la palla: quando non veniva servito, bonariamente si arrabbiava”.
Renato Copparoni. Per l’ex portiere di San Gavino Monreale, è stato un grande punto di riferimento, dentro e fuori dal campo: “Claudio è stato e sarà sempre un grande amico e fratello. Un ottimo giocatore, un uomo con l’animo pulito. Periodicamente andavamo a trovarlo e sapevamo che prima o poi sarebbe successo. Lo voglio ricordare come grande atleta sul campo, con la sua cavalcata. Il più buono d’animo, sempre felice, viveva con lo spirito vero del brasiliano tutto sorrisi, musica e pallone. Claudio ha avuto varie vicissitudini: ma ha avuto la fortuna di trovare un gruppo di compagni ed amici veri come quello del Cagliari scudettato, di grande sostegno per lui nel dopo calcio. Ogni primo febbraio, giorno del suo compleanno, gli facevamo una grande festa: ma purtroppo negli ultimi due anni le cose non erano più come prima. Mi ricordo come se fosse ieri quando venni convocato per la prima volta, avevo 16 anni e mezzo. Lui dopo pranzo mi prese sotto braccio, mi portò a casa sua dove mise subito musica brasiliana e mi parlò del suo Paese. Poi andammo insieme allo stadio per giocare in notturna: aveva una 124 celeste, me la ricordo bene. Fu l’inizio di un’amicizia che venne suggellata dalla sua scelta di farmi battezzare il figlio Ruben: lo aveva sognato e mi scelse, anche se avevo solo 19 anni. Lui era così”.
Cesare Poli. La commozione è difficile da tenere a bada per il terzino del Cagliari tricolore: “Un compagno molto amato, che stava male da diversi anni. La liberazione da una malattia vigliacca. Nenè era il meno ‘brasiliano’ di tutti, ma al tempo stesso il più bravo brasiliano in Italia. Mi spiego meglio: era bravo tecnicamente ma correva per tre, come lui non c’era nessun altro. Una persona buona e generosa, che contribuiva a rendere più bello l’ambiente attorno alla squadra. È difficile parlare di Claudio in questo momento. Eravamo molto amici”.
Giuseppe Sabadini. L’affetto degli ex compagni, ma anche il profondo rispetto di un avversario dell’epoca. ‘Tato’ ha vestito le maglie di Sampdoria e Milan in quegli anni, oltre che quella della Nazionale: “Un buon giocatore e persona di grande spessore umano. A Cagliari aveva trovato un gruppo molto affiatato dove ha avuto modo di mettere in evidenza le sue qualità. Sono dispiaciuto per la sua scomparsa: se ne va un pezzo della storia del Cagliari”. Antonino Fiandaca. L’ex medico ortopedico della Juventus, che cominciò a lavorare nel settore proprio in contemporanea dell’arrivo di Nenè in Italia, racconta un particolare gustoso: “Iniziai a collaborare con la Juventus nel 1963, proprio quando lui arrivò a Torino. Un bravissimo ragazzo, educato, buon giocatore, di ottima struttura fisica. Di lui ricordo un aneddoto curioso: ci portò dal Brasile una particolare benda da utilizzare sulla caviglia, talmente funzionale che decidemmo di farla usare anche al resto della squadra per diversi anni a venire”.
Fabio Ornano
(admaioramedia.it)