Il turismo è certamente una delle attività che possono dare un grande contributo allo sviluppo socio-economico della Sardegna e dell’occupazione, ma la Regione non dimostra di capirlo e non gli dedica l’impegno necessario. Lo si può constatare dallo stesso Bilancio 2016, che dovrebbe essere lo strumento di base per lo sviluppo, così come anche dall’intervista recentemente rilasciata dal presidente Pigliaru, che lo cita appena senza dargli molta importanza. Evidentemente lo si considera solo come vacanza (propria) o con una visione limitata, strapaesana, invece è un settore produttivo dalle altissime potenzialità. E’ una forma di esportazione e non è soggetta al rischio di delocalizzazione. La politica economica regionale non può essere solo di assistenzialismo o per spese sociali (purtroppo necessarie), dev’essere anche di produzione di nuova ricchezza. La scarsa considerazione è generale. Riguarda gli Enti pubblici ai vari livelli, gli imprenditori ed i lavoratori e le loro organizzazioni, la stessa stampa che spesso privilegia le notizie di colore e non approfondisce il tema.
Non è tanto questione di risorse, di disponibilità finanziarie, ma di come spendere quelle disponibili e di capire cosa occorre, fare scelte precise e orientate, ‘fare sistema’ come tanti dicono (è una moda), ma non si fa. In particolare, è necessaria una politica per il turismo, un’organizzazione che valorizzi l’offerta. Tener presente che i lavoratori sono attorno ai 40.000 (che in gran parte lavorano 4-5 mesi) e ve ne sono altrettanti nell’indotto, la partecipazione al Pil è valutabile attorno al 10% (sono stime ma attendibili), al livello dell’industria, molto più dell’agricoltura.
I suoi problemi, oltre a quello pregiudiziale e fondamentale dei trasporti, sono la modesta produttività (20%) e l’eccessiva concentrazione (80% nel quadrimestre estivo). Per migliorare e crescere occorre proporre qualcosa di diverso, come i beni culturali che costituiscono un patrimonio poco utilizzato e da valorizzare maggiormente. Sembra semplice, ma non lo è tanto. Per fare un esempio: sarebbe utilissimo che gli albergatori nella promozione della propria attività inserissero le caratteristiche non solo delle camere e della spiaggia vicina, ma pure i siti archeologici, i monumenti, le zone naturalistiche e della possibilità di vederli, di visitarli in tutti in periodi anche fuori dall’estate. Questo costerebbe praticamente quasi nulla (solo il costo tecnico dell’informazione o di qualche foto), un servizio che possono avere gratis, che potrebbe fare la differenza e consentire l’ampliamento del loro periodo di attività. Allora si capirebbero i contributi della ‘lunga stagione’. Vi sono circa un centinaio tra siti archeologici, chiese, monumenti, musei, di grande interesse, dove operano come gestori cooperative o associazioni o piccole società con circa un migliaio di addetti. Ragazzi e ragazze, spesso archeologi, storici dell’arte, ingegneri, architetti, quasi sempre giovani, che si sono creati un lavoro, sono ben preparati e lo svolgono con passione. Sono tutti precari, hanno avviato questa attività partecipando a gare che hanno una durata limitata, può darsi che la prossima volta non le vincano e così perdono il lavoro.
Vi sono alcuni casi di organizzazioni meglio strutturate, realizzate con lungimiranza. A Barumini – dove si trova uno dei maggiori monumenti, la Reggia Nuragica Su Nuraxi, patrimonio dell’umanità dell’Unesco – il Comune nel 2006 ha costituito la Fondazione Barumini Sistema Cultura per la gestione dei beni, dei servizi e delle attività culturali. Sono state realizzate due importanti opere, casa Zappata (antica abitazione del barone locale con Museo archeologico, storico ed etnografico) ed il Centro culturale dedicato al celebre archeologo Giovanni Lilliu (mostre temporanee, convegni, servizi). L’Amministrazione comunale ha fatto un’ottima scelta e lo testimoniamo due dati: le visite nel 2015 sono state quasi 120.000, i dipendenti della Fondazione sono ben 52 fissi ed altri provvisori per i periodi di maggior affluenza. Con un particolare: le guide parlano diverse lingue e sei hanno imparato e parlano la lingua russa, per poter accogliere e seguire nel modo migliore quei turisti. Ad Alghero, dal 2010, il braccio operativo del Comune è la Fondazione Meta, con 15 dipendenti, che si occupa della promozione, della valorizzazione, dell’ufficio informazioni, della gestione delle grotte di Nettuno e degli eventi. Le visite dei principali siti archeologici sono affidate alla cooperativa Silt, della visita della città si occupa la cooperativa Itinera e la cooperativa Mosaico dei beni artistici religiosi (Museo diocesano e visite del campanile della Cattedrale). Tutte partecipano al progetto Itinerari del territorio con l’Ati Smuovi. Vi lavorano 20 persone e si autofinanziano. Ad Ozieri è stata creata l’Istituzione San Michele che si occupa del patrimonio storico-artistico e della promozione dell’attività turistica, con 15 dipendenti. Ad Arzachena vi è la Geseco, società in house per la gestione dei servizi comunali, dai beni culturali al patrimonio.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)
3 Comments
TuttoMusei
Il contributo al turismo di chi opera nei beni culturali (Gianfranco Leccis) https://t.co/DGhfjK0lbD #musei
Giovanni Serreli
Gentile Gianfranco Leccis,
condivido in pieno i contenuti e le sollecitazioni nel suo articolo. E glielo dico da direttore di un piccolo presidio culturale, il MudA di Las Plassas, che opera da appena due anni (il prossimo 18 maggio festeggiamo il terzo anniversario), è a norma con i requisiti ICOM e RAS, dà lavoro stabile a tre operatori, non riceve alcun contributo regionale per il suo funzionamento, e già ospita qualche migliaio di visitatori (soprattutto in età scolare) ogni anno. Debbo però aggiungere alla chiusa del suo articolo, dati per acquisiti i meriti delle fondazioni o società e cooperative da lei citate, una amara constatazione: nonostante le nostre proposte documentate è impossibile fare sistema, fare rete fra le realtà locali a causa del fatto che molte delle realtà storiche (alcune fra quelle da lei citate) sono destinatarie di consistenti finanziamenti annui dalla RAS e quindi sono poco propense a legarsi con il territorio e le realtà circostanti per fare si che l’offerta sia migliore, più articolata e appetibile anche ad un pubblico più ampio e variegato. E le istituzioni regionali, in particolare l’Assessorato ai BBCC non fanno niente per invertire questo sistema, per promuovere la rete fra offerte turistico-culturali. Questo immobilismo è ancora più grave se si considera che esiste una legge, la buona L.R. 14/2006, che offre tutti gli strumenti per operare in questa direzione; tra gli altri obiettivi della legge, risulta inattuato l’art. 14 comma 2 lett. A che istituisce l’Osservatorio Regionale dei Musei….
Anzi peggio: l’attuale assessore ha fatto svolgere le elezioni dei rappresentanti dei direttori (nel dicembre 2014) e, nonostante a livello burocratico sia tutto definito, non ha mai convocato i rappresentanti eletti che, senza dubbio, avrebbero offerto all’assessore una visione aggiornata e una serie di soluzioni per fare del turismo sardo (con il valore aggiunto di quello culturale) il vero motore dell’economia e dell’occupazione in Sardegna, come Lei auspica. E non stiamo certo parlando di cifre esorbitanti, soprattutto se paragonate a quanto la Regione continua a spendere nella sanità. Cordialmente
Giovanni Serreli
Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea (ISEM)
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Direttore del MudA (Museo multimediale del Regno di Arborèa)
Rosalba Serra
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