Piove e improvvisamente tornano di moda termini come “dissesto idrogeologico”, “emergenza”, “evento raro”, “pioggia millenaria”, ormai entrati nel bagaglio lessicale corrente e connesso alla formazione di eventi naturali quali frane e alluvioni che periodicamente interessano la Sardegna richiamando colpe e responsabilità.
Si parla correntemente di “gestione dell’emergenza”, “evento imprevedibile”, “casualità” che per i non addetti ai lavori suonano come conforto e rassicurazione. L’informazione proposta è quindi rivolta a far sì che la popolazione, spesso rappresentata da comitati territoriali sorti in seguito ad eventi alluvionali, esiga dagli addetti ai lavori e dai politici risposte certe e rassicurazioni sulla sicurezza del territorio che occupano. Con internet è facile trovare informazioni storiche sugli eventi alluvionali e sulle frane, il più attento lettore non potrà che notare come i primi eventi sono datati alla fine dell’Ottocento (per esempio, Pirri) e che quindi sussiste una certa ricorrenza, in alcuni eventi addirittura annuale, non imputabile all’eccezionalità e alla imprevedibilità.
Allora usare una terminologia rassicurante ha presto un’efficacia limitata e probabilmente sortisce un effetto contrario (negativo e destabilizzante), ovvero quello di destare maggior apprensione nella popolazione che, anzi, non mostra fiducia in chi è deputato al governo del territorio e nei tecnici (oggi sostituiti da istituzioni dello Stato che dovrebbero insegnare e formare) guidando le scelte e le strategie di gestione del fenomeno. In risposta sono stati predisposti una serie di strumenti quali Piani stralcio (con informazioni contrastanti circa la mappatura delle aree a pericolosità idraulica e da frana), Linee guida, Piani comunali di adeguamento ai Piani stralcio, sino alle ultime Mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni, in attuazione di una direttiva europea. In concreto, si è visto che la previsione di un fenomeno alluvionale e di frana non appare così scontata, per esempio nel caso di Uras il fenomeno aveva riguardato addirittura territori non mappati.
Allora, occorre reimpostare il sistema e ripartire da monte verso valle perché è quella la dinamica dei versanti (frane) ed è quello il verso di scorrimento superficiale dell’acqua (alluvioni). Occorre semplicemente studiare invece che mappare; comprendere invece che pianificare; prevedere invece che programmare. Spesso chi è chiamato alla previsione ed alla gestione dei fenomeni alluvionali non ne comprende a pieno la complessità reale, ma è guidato dalla necessità burocratica della giustificazione del fenomeno. I tecnici (geologi, ingegneri, architetti) che tutti insieme, e non singolarmente, dovrebbero guidare le scelte di pianificazione e gestione del territorio, che gli enti locali dovrebbero attuare, non hanno forza decisionale propria in quanto non dispongono di mezzi e strumenti per un'analisi territoriale in situ e su scala di bacino, quindi ormai sono coinvolti unicamente nell’opera di adeguamento burocratico definita da linee guida e delibere regionali, un ruolo prettamente 'notarile'. Poi, oggi scopriamo che ciò che storicamente avevamo sotto gli occhi non è un ‘evento raro’, ma un evento naturale addirittura ciclico (erosione-trasporto-sedimentazione) che l’uomo conosce fin dalla notte dei tempi e che governava pur mancando totalmente della coscienza ambientalista e facendo a meno di deliberati e direttive.
Uranio238
(admaioramedia.it)
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Amira Sirio
:v
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