"La Regione crede nel progetto Aria e lo cofinanzierà", così aveva detto il presidente Pigliaru, intervenendo nei giorni scorsi a Carbonia durante un convegno sull’esperimento scientifico che verrà realizzato nel bacino carbonifero del Sulcis.
Nel mese di giugno, l'Istituto nazionale di fisica nucleare e la Regione avevano firmato un protocollo d’intesa per lo sviluppo del Progetto, finalizzato alla realizzazione di un’innovativa infrastruttura di ricerca in Sardegna. L’accordo riguarda l’installazione di un impianto tecnologico di altissimo livello nei pozzi dell'ex miniera di Seruci a Gonnesa. Utilizzando una delle gallerie in disuso, l’obiettivo sarà la separazione dell’aria nei suoi componenti fondamentali, elementi che trovano utilità in diversi ambiti di ricerca e applicazione. “Si tratta di un piccolo progetto che potrebbe rivelarsi enormemente importante per il territorio e per la Sardegna intera. Un polo tecnologico di livello internazionale”, ha aggiunto il Governatore.
“Ci piacerebbe che il Sulcis potesse diventare una nuova Silicon Valley e probabilmente ci sono tutte le potenzialità. Il progetto Aria è certamente un progetto di ricerca avveniristica, ma, così come è stato illustrato, appare ancora un altro scippo alla Sardegna”, hanno commentato i consiglieri regionali di Forza Italia, Alessandra Zedda, Ignazio Locci ed Ugo Cappellacci.
Secondo i forzisti, gli interlocutori e gli attori da coinvolgere dovevano essere l’Università di Cagliari, la Regione, l’Istituto di fisica nucleare italiano, con le eccellenze della Sardegna e nazionali in materia con l’obiettivo di “realizzare un centro di ricerca stabile di livello internazionale, che impegni fisici sardi in maniera continuativa al fine di realizzare così un ulteriore polo da affiancare a quelli esistenti di interesse mondiale”. Invece, “sembra una presa in giro quando si sostiene di voler coinvolgere la Carbosulcis e le sue professionalità in un progetto relativo alla fisica nucleare, soprattutto se si considera che l’ente ha un piano di chiusura approvato dall’Unione europea dopo una legge regionale, che prevede la cessazione delle attività produttive nel 2018 ed una chiusura definitiva nel 2027. Con quale ruolo si vuole coinvolgerla se ha a mala pena le risorse per arrivare fino alla chiusura, sostenere i propri costi e tutelare i lavoratori. Non si possono illudere con passerelle i lavoratori che con la chiusura della Carbosulcis si aspettano di essere ricollocati in iniziative serie, concrete e di immediato impatto”.
“Ci chiediamo anche quale sia lo stato di attuazione del Piano Sulcis – hanno aggiunto Zedda, Locci e Cappellacci – considerato che i 55,7 milioni di euro erano destinati alle migliori idee da realizzare nel territorio, ma ad oggi si continua a parlare di progetti indefiniti. In seguito al protocollo dell’agosto 2013, al Sulcis vennero assegnati, oltre a trenta milioni per il polo di ricerca Sotacarbo, i fondi per la sperimentazione dell’ossicombustione e quelli per la successiva centrale, finanziata con legge approvata dal parlamento nel febbraio 2014 con incentivi ventennali per un miliardo e 200 milioni, da realizzarsi con un project financing e con una gara che deve essere effettuata dalla Regione entro il 2016. Si dovrebbe trovare anche il tempo di dare attuazione ai progetti già pronti per dare risposte concrete al Sulcis”. (red)
(admaioramedia.it)
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