Con l’arrivo dell’autunno, nessuno – ovvero media, politici, commentatori – dibatte più di siccità, cambiamenti climatici, invasi, dighe, dissalatori, acqua riciclata etc etc… L’argomento sembra svanito nel nulla. Probabilmente non interessa a nessuno o ‘a nemusu’, come avrebbe detto mio nonno.
Proviamo ad andare controcorrente, proponendo un argomento che forse interesserà a pochi, ma che probabilmente nella prossima estate interesserà più di qualcuno, spesso a sua insaputa: le acque sotterranee, intendendo le acque che si infiltrano lungo la superficie del bacino idrogeologico e scorrono nel sottosuolo. Per programmarne lo sfruttamento occorre che il geologo individui l’acquifero, ovvero il serbatoio geologico che potenzialmente contiene l’acqua sotterranea. L’acquifero per eccellenza è costituito da depositi alluvionali antichi e recenti. In Sardegna questi depositi si estendono principalmente lungo i bordi del Campidano, nelle piane di Pula, Palmas e nel Sarrabus. Nel resto dell’Isola affiorano in aree limitate lungo la costa e lungo il principali fiumi.
Iniziamo con cercare di stimare la quantità d’acqua disponibile. I dati per tutta la regione risultano datati (1981), comunque utili a definire l’ordine di grandezza. La stima conduce ottimisticamente ad una quantificazione della risorsa compresa tra 750 e 200 milioni di metri cubi all’anno (un mc è pari a circa 1.00 litri). Un esempio di sfruttamento di acque sotterranee a fini acquedottistici è stato proposto nel 2008 dal Comune di Muravera, individuando nell’acquifero alluvionale di Castiadas-Muravera il serbatoio potenziale per realizzazione di un acquedotto lungo la litoranea. Il progetto ha previsto la realizzazione di quattro opere di presa di acque sotterranee capaci di produrre complessivamente una portata di 0.1 mc/s ovvero 8.500 metri cubi all’anno. L’acqua viene convogliata nell’acquedotto per fornire la risorsa al litorale da Feraxi sino alla punta di Santa Giusta. Con questo sistema si dà pieno soddisfacimento al fabbisogno acquedottistico della costa.
In idrogeologia, i complessi acquiferi non sono individuati unicamente dai depositi alluvionali. Esistono altri complessi geologici quali il complesso dei depositi marini carbonatici (Paleozoico) che vede un esempio virtuoso di sfruttamento rappresentato dalla sorgente di San Giovanni a Domusnovas, che in periodo di magra produce 0.05 mc/s (50 l/s). Il complesso sedimentario metamorfico (Paleozoico), che affiora nel Sulcis, Iglesiente, Arburese, Nurra e Sardegna centro-orientale, potenzialmente può produrre risorse idriche per 150 milioni di metri cubi all’anno. Di rilevanza locale appare il complesso intrusivo granitoide (Paleozoico), che affiora nel Sulcis, Iglesiente, Arburese, Sarrabus, Sardegna nord-centro-orientale conosciuto per la produzione di acque minerali. Potenzialmente può produrre risorse per 500 milioni di metri cubi all’anno e meno del 20% in periodo di magra.
Un altro complesso di primaria importanza è rappresentato dai depositi marini prevalentemente carbonatici (Mesozoico) che affiora in Nurra e nella Sardegna centro-orientale. Il complesso è noto per lo più per la morfologia peculiare dei ‘Tacchi‘. Questi depositi oltre a rappresentare un patrimonio geomorfologico di rara bellezza rappresentano un complesso idrogeologico molto interessante che potenzialmente in periodo di magra produce 100 milioni di metri cubi all’anno. Altri complessi di interesse idrogeologico sono rappresentati dalle vulcaniti antiche e recenti che complessivamente possono produrre risorse sotterranee per 50 milioni di metri cubi all’anno. In definitiva il complesso della acque sotterranee, stimabile in periodo di magra in 600 milioni di metri cubi all’anno. Attribuendo un fabbisogno pro-capite di 300 litri/giorno a persona si possono soddisfare i fabbisogni di parecchie migliaia di persone. La risorsa idrica sotterranea può quindi rappresentare un importante mezzo per l’estrazione dell’acqua per fini acquedottistici a condizione che prima dello sfruttamento vengano definiti alcuni criteri base per il razionale utilizzo.
Si tratta di stabilire regole idrogeologiche di rifermento per la salvaguardia qualitativa e quantitativa. Occorre quindi individuare all’interno del bacino idrogeologico le aree di ricarica della falda, le aree di salvaguardia e protezione in applicazione dei principi di legge e soprattutto quelli del buon padre di famiglia. Stabilire regole per la realizzazione di opere di presa in acquiferi ubicati in prossimità della costa, onde evitare uno scadimento delle caratteristiche quali-quantitative. Non di secondaria importanza occorre determinare l’influenza delle attività produttive con la salvaguardia qualitativa delle acque sotterranee.
Uranio238
(admaioramedia.it)