“Potevo fare una Giunta del presidente ma…” Ascoltando un passaggio del governatore Francesco Pigliaru durante la presentazione del suo esecutivo-bis è sembrato quasi di assistere ad una riedizione contemporanea del celebre discorso del bivacco tenuto da Mussolini nel 1922. Che, in quella circostanza, mantenne la parola.
Pigliaru, invece, ha fatto proprio quello che ha detto di non aver voluto fare: un governo del presidente che, da una parte, ‘prescinde’ dagli enormi problemi politici della sua maggioranza e dall’altra li aggrava, risistema trombati di vecchio o più recente conio, strizza l’occhio a qualche parente illustre e si limita ad assistere da spettatore alla guerra già cominciata per la composizione degli staff dei nuovi assessori.
L’unico elemento di novità è quello dei caveat, una specie di mandato nel mandato con cui assegna i compiti ai componenti della Giunta appena entrati; chissà perché solo a loro e non, per esempio, a quelli che hanno iniziato la legislatura e, in particolare, a quelli di ‘sua’ diretta emanazione. Peraltro questi caveat sono talmente generici, “far conoscere la Sardegna nel mondo” o introdurre in Sardegna “l’agricoltura di precisione”, da poter essere interpretati col massimo dell’elasticità in un senso o nell’altro. Poi c’è l’appello, questo non nuovo, a fare squadra, accompagnato da una strizzata di palle alla maggioranza che non avrebbe cantato nel coro con la Giunta in certi passaggi, preferendo la vecchia e comoda strada della lotta e del governo che, secondo il Pigliaru-pensiero, non sarebbe il retaggio di una certa tradizione comunista, ma un impasto di populismo e demagogia (di sinistra?).
Se queste sono le premesse si potrebbe concludere morettianamente che “con questi qui non vinceremo mai”. Cioè, tradotto dal politichese, è chiaro che la seconda Giunta Pigliaru terminerà la legislatura non solo lasciando come stavano le cose della Sardegna ma mettendoci del suo per peggiorarle. Peccato che ci voglia ancora un po’ di tempo.
SardoSono
(admaioramedia.it)