Come ogni anno il prossimo 28 aprile si celebrerà Sa die de Sa Sardigna. Il Consiglio regionale della Sardegna, che nel 1993 ha istituito solennemente con legge regionale la festa dell’orgoglio sardo, canterà anche quest’anno con la mano sul cuore l’inno del patriota sardo contro i feudatari. Procurad’e moderare, barone, sa tirannia. Per un giorno la nostra classe dirigente avrà un moto di orgoglio e si ricorderà di quest’isola saccheggiata, abbandonata, lasciata andare per anni in malora. La nostra classe dirigente celebrerà l’orgoglio del popolo sardo, ancora affamato e senza lavoro nonostante siano passati centinaia di anni da quel lontano 28 aprile 1794. Nei discorsi istituzionali risuoneranno ancora, come vuoti simulacri, gli altissimi concetti di autonomia, indipendenza e sovranità.
Anche quest’anno è senz’altro apprezzabile il grande sforzo del comitato che organizza le celebrazioni per Sa die de Sa Sardegna. È quasi commovente il tentativo di dare ancora un significato alto e attuale a quell’isolato episodio della fine del Settecento, un unicum storico per un popolo abituato ad essere dominato, che vide finalmente i sardi indignarsi e cacciare di malo modo gli invasori piemontesi perché non erano state accolte le istanze autonomistiche formulate dal parlamento isolano.
Ma che significato possono avere oggi i vespri sardi? Che significato reale può davvero avere questa giornata per i nostri ragazzi, sempre più lontani dalla storia, dalla tradizione e dalla cultura sarda?
Oggi i prepotenti non sono più piemontesi. I prepotenti e i baroni sono personaggi rigorosamente autoctoni. Li abbiamo dentro casa. Governano, manovrano, gestiscono da anni le nostre risorse pubbliche. Vestono giacche e cravatte firmate e spesso sono dotati di importanti titoli accademici. A volte, ma non sempre, si fregiano orgogliosamente anche del titolo di “onorevole”. Si tratta di personaggi che hanno dimostrato in tutti i modi possibili e immaginabili di saper fare benissimo i propri interessi, ma di non avere alcun riguardo per il bene pubblico e per il futuro della nostra isola.
Il potente, il moderno feudatario che oggi affama il popolo sardo, è sardo anche lui. Sardo Doc. Magari, ironia della sorte, il 28 aprile sarà anche in prima fila a intonare “Procurad’e moderare” insieme al cantautore Piero Marras.
I baroni e i feudatari moderni affamano il popolo e devastano la Sardegna rubando le opportunità, uccidendo la meritocrazia, facendo prevalere la logica del servilismo, della raccomandazione e della mediocrità a quella della competenza e del valore. I baroni, oggi, si nascondono dietro la facciata dell’impegno politico e culturale, della solidarietà, dell’integrazione e della filantropia. Cantano l’inno del patriota sardo, ma poi tradiscono il popolo e soprattutto rubano la fiducia e la speranza ai giovani.
Ma se i baroni e gli affamatori sono sempre presenti c’è un elemento della rievocazione teatrale di Sa die de Sa Sardigna che oggi sembra completamente mancare: è il popolo sardo.
Il popolo sardo, quello che alla fine del Settecento, dopo centinaia di anni di sottomissione, era stato finalmente capace di alzare la testa e ribellarsi per le ingiustizie, sembra ormai non esistere più. È un popolo ormai diviso, rassegnato, ha il capo nuovamente chino. Non è più capace di combattere le ingiustizie o difendere la sua terra che sta andando in malora. Non è più capace di difendere le sue ricchezze saccheggiate e non valorizzate.
È un popolo da tastiera che magari si indigna a comando quando sulla Rete qualche “continentale” scrive un banale luogo comune sulla Sardegna, ma è incapace di unirsi e reagire contro i veri tiranni che vivono dentro la Sardegna e se la stanno mangiando come tarli. Anche perché stare dalla parte dei tiranni conviene, perché i tiranni qualche favore lo possono pur fare. È un popolo debole. Rammollito. Ormai abituato a una mentalità in cui o ti adegui e ti pieghi al sistema oppure sei fuori da tutti i circuiti. Politici, economici, artistici, culturali, mediatici. Circuiti in cui sono premiati sempre i soliti amichetti.
Nella rappresentazione teatrale che sarà messa in scena il 28 aprile per Sa die de sa Sardigna mancherà il protagonista principale: il popolo sardo. Perché oggi il popolo sardo è anestetizzato. Dorme. Eppure se non alziamo davvero la testa e guardiamo quali sono oggi i veri tiranni che continuano a devastare la Sardegna, Sa die de Sa Sardigna, la giornata dell’orgoglio del popolo sardo, sarà una festa totalmente inutile. Si trasformerà in quello che solitamente sono le altre giornate dell’orgoglio che spesso ci propinano, quelli che con abusato termine inglese vengono chiamati “pride“. Una triste pagliacciata.
Alessandro Zorco – Giornalista (da Blogosocial)
(admaioramedia.it)
One Comment
Adriana Nonna
Bellissimo articolo vi consiglio di leggerlo