Mi sono seduto dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati. Parafrasando Brecht, questa sembra la mia posizione sulla nota vicenda della parità di genere, che da giorni paralizza il Consiglio regionale sardo.
Mi sono dichiarato da sempre contrario al doppio voto uomo/donna e la mia posizione è nettamente minoritaria in Aula, almeno stando alle dichiarazioni dei colleghi di maggioranza e di opposizione. Sono, però, favorevole, a favorire l’aumento delle donne che fanno politica attiva. Direi di più, considero che questo sia auspicabile e necessario. Lo dico da rappresentante di un partito, unico nel panorama italiano, ad aver quale leader una donna, che anche io ho votato perché la ritenevo la più brava di tutti, non perché era una donna. Cerchiamo di capire e di domandarci perché ognuno di noi ha iniziato a fare attività politica, perché ognuno di noi si è dedicato all’impegno civico e pubblico, io penso che ognuno di noi l’abbia fatto perché sentiva la necessità di portare avanti dei valori, degli ideali, di difendere dei legittimi interessi.
Allora se partiamo da questa considerazione a me personalmente non tocca minimamente il fatto che chi rappresenti quei valori, quegli ideali, quei movimenti, quei partiti, sia uomo o donna, mi interessa che sia una persona capace, competente, onesta. Cerchiamo ora di capire le reali ragioni della difficoltà di vedere più donne all’interno dell’Aula di via Roma. Capire perché le donne che sono maggioritarie nella pubblica amministrazione, sono maggioritarie in tante libere professioni non riescano ad emergere e ad avere una presenza consistente anche nella rappresentanza politica attiva e nelle Istituzioni. A mio giudizio, il problema vero è che noi dovremmo eliminare quegli ostacoli che impediscono alle donne di partecipare alla vita politica a tutti i livelli, dal livello base ai livelli più alti della rappresentanza delle istituzioni. Infatti, le donne hanno più difficoltà a partecipare alla vita politica, quelle che vedo impegnarsi nei movimenti e nei partiti sono poche. Deve esserci una rivoluzione culturale che parte dalle donne stesse, senza forzature legislative che servono a garantire un seggio, magari come dama di compagnia di un capobastone locale che è quello a cui porta inevitabilmente il ricorso alla doppia preferenza di genere in cabina elettorale.
Quello che succederà con un sistema come quello sardo, frammentato, con la probabile presenza di 3 o 4 poli (i due tradizionali più 5stelle e indipendentisti), con tanti partiti è che nella maggior parte dei collegi elettorali verrà eletto solo un candidato per partito, cioè quello che prenderà più voti. Del resto già in questa legislatura se andiamo a vedere dove sono state elette le donne e quali sono i partiti che sono riusciti ad eleggere più candidati in un unico collegio ci potremmo subito rendere conto che sono essenzialmente due: Pd e Forza Italia. In tutti gli altri partiti è entrato solo il più votato, un solo eletto. Ecco perché sono convinto che questa legge non solo non renda giustizia alle donne, ma renderà ancor più complicato per i partiti più piccoli formare liste competitive. Ben diverso sarebbe annullare tutti quegli ostacoli sociali e culturali che frenano, più o meno volontariamente, l’impegno attivo e in prima persona delle donne nella vita e militanza politica. Da quella di base alle più alte rappresentanze istituzionali.
Paolo Truzzu – Consigliere regionale di Fratelli d’Italia
(admaioramedia.it)