MEDUSA, In Senegal per evitare migrazione verso l’Europa, mentre i giovani sardi fuggono dall’Isola

E’ di questi giorni la polemica sul viaggio in Senegal dell’assessore comunale alle Politiche sociali, Ferdinando Secchi, e della dirigente dell’Assessorato, Antonella Delle Donne, che nelle scorse settimane hanno visitato, in veste ufficiale e istituzionale, la città di Louga. Si contesta l’opportunità di un viaggio del genere da parte di un esponente della Giunta comunale e si chiede conto delle spese – a carico della collettività – sostenute per la trasferta africana. L’Assessore si è difeso, spiegando che il viaggio si inserisce all’interno di “un partenariato che ha come capofila la Regione Piemonte e coinvolge la Regione Sardegna con i Comuni di Cagliari, Oristano, Torino e altri enti locali piemontesi” e che – tolti i costi relativi agli spostamenti della dirigente (900,00 euro, pare) – tutto è stato spesato dal Ministero degli Interni. E poi gioca la carta della motivazione che dovrebbe prendere in contropiede gli xenofobi ossessionati, stanchi di dover vedere i soldi pubblici spesi a vantaggio degli stranieri: il progetto ha la finalità di disincentivare le partenze dall’Africa verso le nostre coste.

Infatti, “le buone pratiche degli enti locali” che la missione aveva lo scopo di esportare al di là del mare, sono quelle volte a “limitare in partenza il fenomeno migratorio, soprattutto quello clandestino”. Quello che davvero si dovrebbe contestare agli esponenti della Giunta comunale è l’assurdità di un progetto che vorrebbe insegnare agli stranieri come evitare l’emorragia di giovani, mentre in un solo quinquennio (dal 2010 al 2015) 6.600 persone hanno lasciato la Sardegna, emigrando principalmente nel Regno Unito, in Germania e in Spagna. La nostra politica locale è incapace di individuare soluzioni a breve e medio-lungo termine per arrestare il progressivo spopolamento della nostra Regione, non solo per denatalità, ma anche per via delle migliaia di giovani e meno giovani che lasciano la loro terra in cerca di un lavoro e di prospettive future e risponde a queste problematiche in maniera schizofrenica, invocando ora più immigrati per “ripopolare i comuni della Sardegna”, ora portando le proprie comprovate capacità organizzative (…) in un Paese straniero, per evitare il fenomeno dei ‘migranti economici’.

Peccato per i nostri migranti indigeni, quelli che sono partiti, non avendo più speranza di costruirsi un futuro nella loro Terra; quelli che vorrebbero tornare; quelli formati o professionalizzati che impiegano le loro energie e le loro eccellenze a vantaggio di altri Paesi, mentre la Sardegna annaspa in una crisi di cui non si scorge la fine. Nessun progetto per loro, nessun investimento, nessuno scambio culturale con quei Paesi di provenienza dei flussi migratori che, magari, gli insegni come rivendicare dalla Regione, dallo Stato Italiano e dalla Comunità europea, il diritto di chi non ha speranze a vedersi riconosciuto lo status di ‘migrante economico’.

Medusa

(admaioramedia.it)

Ricevi le notizie di Ad Maiora Media su Whatsapp