Quest’anno ricorre l’80° anniversario della morte e il 90° dell’assegnazione del premio Nobel alla scrittrice sarda Grazia Deledda. Le celebrazioni sono decollate non solo in Italia, ma anche in tante parti del mondo. Solo in Sardegna si procede lentamente e con non pochi imbarazzi. E’ vero che c’è un impegno della Regione, ma c’è molta reticenza nelle facoltà di lettere delle due università sarde. Reticenza che si spiega unicamente con la storica idiosincrasia verso la Deledda della cultura marxista e anticattolica, impersonata per lo più da docenti non sardi, che in quelle facoltà l’hanno sempre fatta da padroni. Lo ricorda bene il saggista Ugo Collu: ”Nella seconda metà degli anni ’60 ottenere all’Università una tesi su Sebastiano Satta o sul Premio Nobel Deledda era un’impresa impossibile, si veniva tacciati di provincialismo”. Ancora più duro il giudizio del critico letterario Neria De Giovanni, autrice di ben 14 volumi su Grazia Deledda: ”Non si studiava neppure nelle università sarde, neppure altri scrittori sardi perché c’era in voga una bruttissima considerazione della letteratura isolana come provinciale, come una letteratura regionale. Ho avuto alcuni professori all’Università di Cagliari e quando chiedevamo ‘fateci studiare Grazia Deledda, Giuseppe Dessì, Sebastiano Satta, Salvatore Satta’, ci rispondevano ‘no, noi non siamo provinciali dobbiamo guardare fuori dalla Sardegna’.”
C’è da arrossire per l’ignoranza, pari solo alla spocchia, della nostra cultura accademica nei confronti della scrittrice isolana, che senza presunzione reagì, agli inizi del XX° secolo, alla condanna degli intellettuali positivisti d’oltre mare pronunciata contro i sardi, descritti come delinquenti, banditi e selvaggi, privi di un’identità e di una propria cultura. Così come Giuseppe Biasi nell’arte, Sebastiano Satta nella poesia, Attilio Deffenu nel sociale, Grazia Deledda rivela una Sardegna patria di una cultura pastorale e contadina, i cui valori, grazie ai romanzi della scrittrice, non a caso paragonata a Manzoni e Tolstoj, assumono una dimensione universale. Lanciò una sfida a viso aperto a tutti i denigratori della sua terra: “…Il mio ideale è di sollevare in alto il nome del mio paese, così mal conosciuto e denigrato al di là dei nostri melanconici mari, nelle terre civili...”. E non si può dire che non riuscì nel suo intento. Ne è prova il racconto (1921) del poeta e scrittore Marino Moretti, che era solito ospitarla a Cervia in villeggiatura e che racconta come in un’occasione un altro suo ospite, Alfredo Panzini, professore, scrittore e critico letterario, la definì come “la più brava di tutti, una donna straordinaria”, aggiungendo “chissà se se ne accorgeranno quelli di Stoccolma… “. Alla faccia della scrittrice solitaria, o peggio, della “massaia primitiva che scrive per un sorprendente talento naturale”, come veniva definita da una certa ‘cultura’ isolana.
In realtà, Grazia Deledda era un’intellettuale sottile, colta e informata, che intratteneva rapporti significativi con molti scrittori e artisti del tempo. Era una presenza assidua, per esempio, nella redazione della rivista letteraria “Nuova Antologia”, dove incontrava De Amicis, Fogazzaro, D’Annunzio, Pirandello, Mascagni. Mentre a Cervia, dove si recava in vacanza, si intratteneva con Moretti, Panzini, Filippo De Pisis e Giuseppe Ungaretti. Tutta la nouvelle vague sarda trapiantata a Roma fa capo a lei e da lei è incoraggiata e aiutata, e non sono nomi da poco: Giuseppe Biasi, Salvator Ruju, Francesco Ciusa, Carlo Aru, Stanis Manca, Iosto Randaccio. Costante è la sua presenza nella stampa regionale. Collabora, nel 1914, alla rivista “Sardegna” di Attilio Deffenu, dal 1922 al 1925 scrive su “La Regione”, mensile diretto da Salvatore Deledda, di chiara impronta sardo-fascista. Dal 1926 scrive su “Mediterranea”, rivista mensile dell’Istituto di cultura fascista, diretta dal deputato Antonio Putzolu, che, nel 1929, per conto dell’Istituto di cultura fascista, indice il primo corso di cultura per stranieri e connazionali. Nell’ambito del corso, per far conoscere la storia della Sardegna, venne invitata a Cagliari per tenervi un ciclo di conferenze. Ancora nel 1933, la scrittrice con Cipriano Efisio Oppo e Silvio Benco fa parte della giuria del premio “Un diario di viaggio in Sardegna“, che vedrà premiati Elio Vittorini e Virginio Lilli.
Tutto ciò fa a pugni con la rappresentazione del tutto mistificata che certa cultura femminista fa di Grazia Deledda e della sua epoca. Scrive Ornella Demuru, in occasione di un viaggio in Sardegna della Boldrini: ”Era il 1926: mentre, in molte parti del mondo, le lotte delle donne avanzavano ottenendo importanti risultati, in Italia avanzava il fascismo e la marginalità femminile. Oggi, dunque, la Deledda merita di essere onorata non soltanto perché vincitrice del premio letterario più ambito, ma perché il contesto storico in cui lo ottenne era crudo, discriminante, profondamente sessista e immaturo rispetto al suo personale cammino di emancipazione” (Sardinia Post, 9 marzo 2015). Non da meno, una misteriosa blogger isolana, che dichiara di vivere a Parigi e che scrive in rete con lo pseudonimo di Caterina Solang: “La Deledda fu considerata dai critici ingiustamente politicamente agnostica perché non prese posizione contro il fascismo negli anni in cui vi convisse. Non sono d’accordo: fu l’unica scrittrice italiana che non ha avuto niente cui spartire con il fascismo… Inoltre, trovo invece nei suoi libri degli elementi di sovversione politica prepotenti: in ‘Canne al vento’ c’è un servo che ammazza il padrone e un figlio che fugge di casa e abbandona il padre, quindi, contemporaneamente in questo romanzo che sembra così distante dalla nostra realtà, c’è un ordine familiare e un ordine sociale infranto in cento pagine”. Parole ripetute pedissequamente in un video, on line all’interno del portale sulla letteratura di Rai Cultura, senza citare la fonte (a meno che non siano la stessa persona), dalla nostra ‘accabadora’ (della cultura) Michela Murgia. Ecco la vera e unica Grazia Deledda che a costoro piace celebrare: antifascista e antimaschilista, a sua insaputa; con le sue migliori pagine intrise di mistica marxista, a sua insaputa.
Angelo Abis
(admaioramedia.it)
6 Comments
FaberSardo
Nel 2016, 80° anniversario della morte e 90° dell’assegnazione del Premio Nobel alla scrittrice sarda Grazia… https://t.co/Zv86pfrc4w
webnauta59
RT @admaioramedia: Grazia Deledda: celebrazioni a rilento. Scrittrice mai piaciuta ad una ‘certa’ cultura (Angelo Abis) https://t.co/E8CT4B…
ValeriaShardana
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