Il 60% della popolazione italiana fa parte del ‘ceto medio’, che nel 1991 possedeva il 66% della ricchezza nazionale e oggi meno del 48%. Negli ultimi 25 anni, anche in Sardegna, la quota di ricchezza detenuta dai super ricchi è aumentata, mentre la classe media si è progressivamente impoverita.
Si è affermato anche nell’Isola un modello economico che vede pochi ricchissimi, una quota sempre crescente di poverissimi, e una classe media che si avvicina più alla soglia di povertà che a quella di benessere o dignità. Fa piacere pertanto che il collega consigliere regionale Sabatini, seppur con un anno di ritardo, affermi che la prossima finanziaria debba aiutare la classe media; al fine di stimolare una crescita dei consumi, dell’occupazione e una contestuale riduzione delle diseguaglianze, aggiungo io. Era questo del resto lo spirito della proposta da me avanzata per il Bilancio 2016 e superficialmente ignorata dal centrosinistra: ridurre l’Irpef per le famiglie con più di 3 figli a carico o con un disabile a carico, con l’obiettivo di creare un modello simile a quello che sul finire degli anni 60 aveva generato il cosiddetto boom economico.
Un boom determinato principalmente dalla crescita del potere d’acquisto della classe media: impiegati pubblici e privati, insegnanti, operai e militari disponevano di stipendi tali che permettevano l’acquisto di nuovi beni di consumo. La crescita dei consumi generò a sua volta l’aumento della produzione delle aziende italiane e a cascata un incremento dell’occupazione e degli investimenti. Oggi non potendo agire sui salari, l’unica strada percorribile per aumentare la disponibilità economica della classe media sarda deriva soltanto da una notevole riduzione della pressione fiscale e da politiche tributarie diametralmente opposte a quelle attuate finora. Ciò che l’Erario incasserebbe in meno da una diminuzione delle imposte dovute da lavoratori dipendenti e pensionati, sarebbe compensato dalle imposte corrisposte dalle imprese, per effetto dell’inevitabile aumento del loro volume d’affari conseguente all’aumento della domanda di beni e servizi da loro prodotti.
Perché allora non ripartire dalla proposta presentata già nella scorsa Finanziaria? In fondo si tratterebbe di movimentare circa 50 milioni di euro, proprio quelli che l’assessore Paci dice di avere in più per il 2017. Appena meno dell’1% della Finanziaria regionale sarda, non è poi tanto per ridare un po’ di ossigeno all’economia e alle famiglie sarde. Certo abbiamo perso un anno, ma siamo ancora in tempo per recuperare, purché la Giunta Pigliaru sia disposta ad ascoltare le proposte altrui e la maggioranza di centrosinistra non abbia la presunzione dell’autosufficienza.
Paolo Truzzu – Consigliere regionale di Fratelli d’Italia
(admaioramedia.it)