C’è chi, dopo i festeggiamenti per la vittoria, tasta la dura realtà amministrativa, chi, smaltita la delusione della sconfitta, si prepara ad un’opposizione serrata, altri per l’ultimo match dei ballottaggi e alcuni ai silenzi assordanti dei prossimi mesi.
In Sardegna, le ore successive al voto per le elezioni amministrative presentano tante situazioni, diverse l’una dall’altra, legate comunque da un unico filo conduttore: il malessere sociale con ripercussioni non solo economiche, ma anche politiche. Se un tempo, le elezioni per gli enti locali vedevano sgomitare compagini per contendersi la guida dei Comuni, oggi, la partecipazione dei cittadini alla vita sociale delle comunità è notevolmente calata. Insomma, fare il sindaco, l’assessore o il consigliere comunale è diventato un misto fra l’essere eroi, volontari coraggiosi, ma soprattutto ultimi baluardi al vero interesse della comunità. Non c’è da stupirsi, perciò, se in alcuni comuni anche comporre una lista di soli otto nomi sia diventata un’impresa disperata, vederne due liste in competizione somiglia ad un miracolo, mentre, in alcuni casi, l’attualità è stata nessuna lista.
Così Ortueri, Austis, Sarule, Putifigari e Magomadas non avranno un consiglio comunale almeno fino alle prima data utile per le votazioni: sarà la famigerata “ordinaria amministrazione” a cura dei commissari regionali. Ad Austis e Magomadas, dopo il mancato tentativo di formare un’assise pubblica, sarà la seconda volta in breve tempo; doppio caso anche a Putifigari, dove nel 2007 avvenne lo scioglimento anticipato della consiliatura. Per Sarule è una novità, la prima volta nella storia locale con il sindaco uscente, Mariangela Barca, che si è arresa scoraggiata dall’assenza statale. Taglio del ‘nastro commissariale’ anche a Ortueri, dove, dopo anni di lotte fra le storiche schiere della Dc e del Pci, mancherà il confronto ed il sindaco.
La lontananza dello Stato e le manchevolezze della Giunta regionale hanno portato tanti cittadini a chiudersi nel guscio del disinteresse, certi del fatto che candidarsi non serva a nulla, specie se, una volta eletti, si dovranno affrontare problemi considerati insormontabili. Il menù del “chi me lo fa fare?” è ampio: dalle strade tuttora a pezzi in nome del ‘risparmio’, all’emorragia di forza giovanile, passando poi per finanziamenti con il contagocce o rivolti solamente a pochi ‘fortunati’, fino alle mancate risposte istituzionali e ai tagli nei servizi fondamentali, con la sanità in prima fila. La politica lontana dalle popolazioni ha fallito determinando disaffezione e sfiducia, sarebbe ora che i politici ne prendessero atto.
Giorgio Ignazio Onano
(admaioramedia.it)