Di una settimana fa la notizia dell’arrivo lungo la costa del Sulcis di un centinaio di ‘harraga’ algerini. Il fenomeno, dunque, continua, contando sul fronte arrivi 220 giovani sbarcati sull’isola nei primi due mesi del 2017. Di contro, sul fronte partenze dalla riva sud, il Ministero della Difesa algerino ha dichiarato che nel mese di gennaio sono avvenuti 164 fermi da parte delle autorità locali lungo la costa, da est a ovest.
Il dato conferma che la sete di Europa non è sopita e che quel che noi vediamo non è che la punta di un iceberg di un fenomeno di portata maggiore. La stessa Laddh, la Lega per i diritti umani in Algeria, ha parlato di 1.200 tentativi di harga dal Paese falliti nel corso del 2016, una cifra che si avvicina al numero di coloro che, invece, hanno portato a termine l’avventura raggiungendo la Sardegna. Il quotidiano “Le Soir”, inoltre, pochi giorni or sono raccontava della nuova clientela a bordo dei barchini che da Cap Falcon si dirigono verso le coste spagnole: togolesi, camerunensi, beninesi e guineani, tra cui donne, tutti pronti a pagare mille euro per la traversata del Mediterraneo.
Nel bilancio di partenze e arrivi, si contano anche i viaggi degli harraga dalla Sardegna verso la penisola, per l’obbligo di abbandonare il suolo nazionale a seguito del decreto di espulsione ricevuto dalle autorità italiane. Purtroppo, ad accompagnare il viaggio di una cinquantina di harraga, lunedì 20 febbraio scorso, sono stati atti vandalici e molestie ai danni degli altri passeggeri del traghetto della Tirrenia su cui si erano imbarcati per Napoli. Una rivolta che corrobora un senso di diffidenza nei confronti dei giovani harraga e rende una cattiva pubblicità all’Algeria, Paese da cui provengono e scappano.
Proprio quel giorno – il caso ha voluto – hanno fatto arrivo a Cagliari cinque algerini, ma su un volo Alitalia proveniente da Algeri, e con in tasca un regolare visto di soggiorno. Sono giovani studenti universitari beneficiari di una borsa di studio erogata da Sardegna ForMed nell’ambito della cooperazione internazionale, che permetterà loro di concludere la laurea magistrale presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Cagliari. Da ottobre preparavano il proprio dossier, e finalmente hanno coronato il sogno di partire per l’Italia, dopo tre anni di studi presso il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Algeri 2 (foto).
Ahmed è di Medea, cittadina a circa 70 km da Algeri. Ha le idee chiare, vuole fare l’insegnante di lingua italiana. Ha scelto di studiare l’italiano all’Università perché trova che la nostra sia una lingua dolce e facile da pronunciare, e perché ha intravisto delle oggettive opportunità lavorative legate all’apprendimento della lingua del Bel Paese. Sono infatti numerosi gli studenti di italiano in Algeria, circa 10.000 giovani, poiché l’italiano è entrato di diritto tra le lingue opzionali dell’ultimo biennio del liceo, a fianco allo spagnolo e al tedesco. È inoltre insegnato, a livello universitario, ad Annaba, Algeri e Blida. Il fascino dell’Italia è innegabile: letteratura, arte e moda sono un richiamo irresistibile per i giovani algerini che si avvicinano alla cultura e all’idioma del nostro Paese.
“Cosa pensi degli harraga?” chiedo a Ahmad. “Rischiano la vita per niente – dice – pensano che oltre il mare ci sia il paradiso, ma non è vero. Qua se lavori mangi, se non lavori non mangi. Ho visto una donna inginocchiata che chiedeva un euro. Nessuno gliel’ha dato. In Algeria non si muore di fame! Anche se non hai soldi, puoi mangiare. Questi harraga hanno danneggiato la nostra reputazione, per questo il governo algerino deve sorvegliare bene le coste… D’altra parte, però, dovrebbe facilitare un po’ l’ottenimento del visto per l’estero, che non è affatto semplice”.
Bedreddine, 22 anni, di Chlef, a ovest della Capitale, studia linguistica mediterranea e anche lui aspira ad essere insegnante. A proposito di harga, ha una storia in famiglia da raccontare: “Un mio parente ha provato la traversata, ma nessuno più sa dove sia. Inizialmente si seppe che si era salvato dalla morte per miracolo, poi che si trovava in carcere in Marocco e che avrebbe ritentato l’avventura. Dal 2013, però, non avendo più notizie di lui, è stato dichiarato morto”.
L’impatto con la Sardegna e l’università è stato positivo. Dopo la caotica Algeri, Cagliari sembra un’oasi di calma, pulizia e ordine. “L’Università mi è sembrata pulita e organizzata. Le differenze con l’Università di Algeri 2? Stanno in questi punti positivi: laboratori linguistici, aule, materiali e professori specializzati”. A fronte della certezza che questa esperienza apra loro amicizie, studi di livello superiore e possibilità di conoscere la Sardegna e le altre regioni d’Italia, Ahmad e Bedreddin pensano all’Algeria costantemente: a chi manca il couscous e “quel caldo sorriso sulle facce della gente, quel mix di follia ed entusiasmo del popolo algerino”, a chi invece mancano i nipotini e le partite di calcio. Speriamo che lo spirito d’accoglienza isolano lenisca presto la nostalgia e che questo progetto di cooperazione contribuisca ad aprire una finestra culturale sull’Algeria, terra dalla storia affascinante sepolta, purtroppo, sotto le sabbie della cronaca.
Arianna Obinu – Ricercatrice ed autrice della monografia “Harraga, il sogno europeo passa dalla Sardegna”
(admaioramedia.it)