Ci sono almeno due motivi per i quali la squadra che gioca in casa esce tra i fischi dei propri tifosi: quando perde senza lottare e quando annoia perché non ha un gioco. Il Cagliari, contro il Verona, è riuscito a fornire entrambi i motivi per lasciare il campo tra gli improperi del pubblico. Al Sant’Elia i rossoblù hanno perso un’altra volta (1-2) e possono ormai darsi pace: è serie B, anche se la matematica non lo dice ancora in maniera esplicita.
Si può retrocedere, ma almeno che lo si faccia con la dignità che ci sta mettendo il Cesena (del Parma meglio non parlare, viste le peripezie societarie che stanno affrontando gli emiliani). Potremmo voltare pagina e pensare già alla prossima stagione, a una squadra quasi completamente da rifondare, al nuovo allenatore, magari anche a un diesse meno convinto di conoscere tutti i segreti del calciomercato e del calcio in generale. Sarà necessario un bagno di umiltà anche per la dirigenza, a cominciare dal giovane presidente Giulini: lui, che sta a capo di tutta la Spa, non ha meno colpe degli altri, anche se alla fine paga soprattutto l’inesperienza. È stato questo aspetto a influenzare una stagione disgraziata, cominciata con tanti propositi e qualche sogno (il calcio-spettacolo di Zeman e i giovani da lanciare), senza pensare che in serie A non c’è spazio per chi non ha confidenza con i fondamentali e un bagaglio di campionati alle spalle.
Senza tornare indietro di mesi, è incredibile che una persona dell’esperienza di Zola abbia affrontato la partita che valeva l’intera stagione confermando l’errore di base commesso in più di un’occasione: la cabina di regia affidata a Conti. Il quale, ci dispiace sottolinearlo ancora una volta, non era mai presente quando il Cagliari ha vinto, mentre con lui in campo la formazione rossoblù ha racimolato pochissimi punti. Al di là di questo, anche stavolta il capitano ha rallentato il gioco in maniera esasperante, continuando con un estenuante tiki-taka per linee orizzontali e talvolta persino all’indietro, quando c’era da stringere d’assedio il Verona. Ha addormentato non solo i propri compagni ma anche i tifosi, che alla fine sembravano andare incontro a un destino predestinato. Insomma, da questa squadra – priva di carattere oltre che di una fisionomia precisa – la gente non si aspetta più niente. E Zola ha le sue colpe, perché non ha saputo dare un’anima alla squadra.
Finalmente si è visto in campo Diakitè, ma purtroppo ha pagato a caro prezzo il suo ritorno in campo dall’inizio dopo mesi di assenza: il gol dell’1-0 firmato da Toni è soprattutto colpa sua. Poi il centrale ha giocato da par suo, ma il Cagliari sembrava ormai al tappeto: con il morale sotto i tacchetti, ha affrontato i veneti come farebbe una squadra che si trova in vantaggio di almeno due reti e gestisce la palla per mantenere il possesso (utile in quel caso, ma sterile se invece stai rincorrendo).
L’infortunio di Donsah è sembrato il triste preludio per ciò che poi si è rivelato l’epilogo di questo scontro-salvezza: uscito lui, è mancata la spinta dalle sue parti. Poche le conclusioni in porta, nessuno voleva assumersi la responsabilità di sbagliare, ma è chiaro che giocare per linee orizzontali anziché verticalizzare come un tempo chiedeva e otteneva Zeman, non conduce da nessuna parte. Come si può ribaltare un risultato negativo, se non si tira nella porta avversaria e non si mostra il temperamento che dovrebbe avere una squadra che si trova in piena zona retrocessione?
Il Cagliari, piaccia o no, con Zola ha smarrito il bel gioco. Proprio lui, che da giocatore era un fantasista di altissimo livello, non ha saputo plasmare la squadra e condurla fuori dalle acque limacciose che portano dritti in serie B. Confermando le perplessità che avevamo quando fu chiamato al capezzale del Cagliari. Probabilmente sarebbe stato meglio un nome di minor richiamo nostalgico (Cosmi, Reja, Rossi, per citare alcuni nomi), che però rispondesse al profilo di un tecnico di maggiore esperienza in serie A. Di quelli che si “mangiano vivi” i giocatori che non mostrano gli attributi, per intenderci. Purtroppo, in panchina servono a poco il talento e l’esperienza mostrati da giocatori. Serve altro. Ora che è finita la luna di miele con la tifoseria, c’è da aspettarsi di tutto. Anche l’esonero di Zola e il rientro di Zeman. Vedere giocatori che in campo passeggiano, quasi svogliati, non è più sopportabile.
Arrogutottu
(admaioramedia.it)