In occasione della “Nuit des idées 2017” ad Algeri, manifestazione organizzata dagli Istituti di Cultura francese in oltre 40 Paesi al mondo, nell’incontro dal titolo “Un monde en commun” (Un mondo in comune) si è parlato di harraga e sono stata invitata a parlare di fenomeni migratori.
Parlare della rotta Algeria dell’Est–Sulcis di fronte ad un pubblico algerino, perciò informato e consapevole degli argomenti sviluppati, è stata un’occasione di confronto e disvelamento del punto di vista dell’altro. Dare conto della realtà al di là del mare, di quel che aspetta gli harraga una volta sbarcati, di quale siano le reazioni dei sardi e degli italiani ai flussi migratori dalla riva sud, ha permesso ai presenti di arricchire e completare le proprie conoscenze con nuovi elementi di riflessione.
Inoltre, la harga algerina (migrazione illegale) è stata contestualizzata nel più ampio movimento di popolazioni che riguarda tutto il bacino mediterraneo, nostra area di analisi privilegiata. La harga non è che la punta di un iceberg, un microfenomeno tra i tanti, tutti indissolubilmente legati fra loro. Studiando una particolare rotta, possiamo comprendere attraverso un’analisi comparativa con altre filiere migratorie, l’intero fenomeno. Soprattutto ci possiamo rendere conto dell’interdipendenza delle rotte migratorie, delle conseguenze delle dinamiche di controllo dei confini, della ricaduta in termini di flussi delle situazioni di instabilità politica o di guerra aperta.
Ogni fatto che accade nel nostro mondo mediterraneo e nelle zone che su di esso insistono è interconnesso, di qui l’esigenza di conoscere per prevenire o almeno intercettarne il senso. Perciò, ho allargato gli orizzonti alle migrazioni dall’Africa Occidentale, anch’esse connotate da movimenti di giovani uomini, apparentemente non in fuga da guerra a persecuzioni. L’instabilità in Libia potrebbe creare un nuovo punto di partenza verso l’Europa proprio in Algeria, nell’est. La rotta degli harraga potrebbe diventare una nuova rotta dei migranti subsahariani, la cui presenza inizia ad essere tangibile nel Paese. L’Algeria non è indenne dai cambiamenti epocali portati dalla globalizzazione: i Paesi che prima erano connotati da forti movimenti emigratori sono oggi al contempo Paesi d’arrivo, di transito e di partenza. Gli stessi problemi che rendono spinosa la materia immigrazione, iniziano a pesare anche sui Paesi del Maghreb. L’immigrazione comporta la messa in discussione del sistema di sicurezza, del sistema politico-sociale dei Paesi di partenza e d’arrivo; scardina equilibri preesistenti a livello culturale ed educativo, nonché a livello cultuale; l’immigrazione incide sull’identità, innescando talvolta processi di ripiegamento tanto delle minoranze quanto della popolazione locale ‘minacciata’ dalla presenza dell’altro, del diverso.
L’interesse sulla problematica manifestato dal pubblico in sala, un centinaio di persone, lascia sperare che vi sia sempre più spazio, in futuro, per questi momenti di scambio e relazione tra le due sponde, per abbattere tabù, per aprire finestre sulla realtà europea e locale. Per capire come vogliamo che sia, nell’interesse nostro e delle generazioni future, questo mondo in comune che è un dato di fatto e non un orizzonte fantascientifico.
“Voi siete il collo del pianeta, la testa pettinata,
il naso delicato, siete cime di sabbia dell’umanità.
Noi siamo i piedi in marcia per raggiungervi”. (Erri De Luca, 2005)
Arianna Obinu – Ricercatrice ed autrice della monografia “Harraga, il sogno europeo passa dalla Sardegna”
(admaioramedia.it)