25 aprile 2017: si festeggia il 72° anniversario della liberazione dell’Italia dal ‘nazi-fascismo’. Premessa: la Resistenza c’entra ormai poco o nulla. E’ lì sullo sfondo come mito indiscusso e indiscutibile, oggetto solo dell’apologetica. Forzatamente sottratta ad ogni indagine storica, che pure, nel bene o nel male, potrebbe in qualche modo rivitalizzarla presentandola sotto ottiche diverse, più vivaci e interessanti rispetto a quelle del politicamente corretto.
Non è un caso, infatti, che mentre siamo subissati da libri, saggi e articoli sulla Repubblica Sociale Italiana, sul fascismo e su Benito Mussolini, dobbiamo andare a ricercare col lanternino le pubblicazioni sulla Resistenza. Pertanto, malgrado siano trascorsi ben 72 anni da quegli eventi, ancora grande è la confusione sotto il tiepido sole d’aprile. Innanzitutto non si capisce perché il padrone di casa delle manifestazioni per il 25 aprile, debba essere l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), la quale a propria discrezione stabilisce chi può partecipare o meno alle celebrazioni. Ci si dimentica che dall’Anpi uscirono tutti i partigiani non comunisti, a partire da Ferruccio Parri per finire a Enrico Mattei, quando fu chiaro che l’associazione, al soldo dell’Unione Sovietica, teneva al suo interno assassini post 25 aprile, infoibatori, e tutti coloro che, guerra ancora in corso, avevano eliminato i cosiddetti partigiani bianchi, tra cui il cagliaritano Giuseppe Saba della brigata “Osoppo”, solo perché contrari alla cessione della Venezia Giulia al maresciallo Tito.
Allucinante è poi la presenza ai cortei resistenziali delle bandiere della Palestina. Cosa abbiano i palestinesi da rimproverare ai ‘nazi- fascisti’ Dio solo lo sa. A meno che non addebitino a Hitler il fatto di aver lasciato in vita qualche milione di ebrei che poi si sono riversati in Palestina… Ma queste sono cose continentali!
Venendo alla nostra amata Sardegna, dobbiamo ringraziare il Padre Eterno, qualche generale italiano e tedesco, ma anche noi stessi, se l’Isola non ha conosciuto l’occupazione straniera, la guerra civile, stragi e rappresaglie coi relativi odi tramandati di generazione in generazione. Perciò in Sardegna il 25 aprile si presenta quasi come un atto dovuto, col corteo municipale con relativa deposizione di una corona al monumento ai caduti e pazienza se il monumento è di stile fascista con tanto di fascio littorio, come a Cagliari, o se riporta anche i caduti della Rsi come ad Alghero e Santu Lussurgiu. D’altronde c’è poco da recriminare: non risulta che nel 1943-45, in alta Italia, ‘repubblichini’ sardi abbiano fatto fuori partigiani conterranei o viceversa. Per cui anche questo 25 aprile portiamo rispetto a chi onora i morti della propria parte.
Ci dispiace solo che sia impedito, a chi di quella parte non è, di onorare pubblicamente i propri morti. La qualcosa oltre ad essere stupida è anche controproducente. E per questo che sentiamo il dovere di onorare i caduti sardi della Repubblica Sociale, commemorando il più illustre di essi: il pittore sassarese Giuseppe Biasi. L’8 settembre, Biasi si trova a Biella, aderisce subito alla Rsi, pur non svolgendo nessuna attività politica data l’età e le sue condizioni di salute, salvo intrattenersi con gli ufficiali del comando tedesco, che si trovava nel suo stesso albergo, e salvo aver svolto qualche volta le funzioni di interprete, visto che conosceva bene il tedesco.Tutto ciò, ad ogni modo, gli costò molto caro: fu arrestato il 2 maggio 1945 con l’accusa di essere spia delle SS. Ad arrestarlo è il pittore Guido Mosca, membro della polizia partigiana. Durante gli interrogatori viene ferocemente picchiato e dopo 18 giorni di carcere viene fatto uscire insieme a un gruppo di altri 28 prigionieri politici, per essere condotto a un vicino campo di concentramento. Ma mentre attraversano a piedi il paese di Andorno, il gruppo viene assalito con una violenta sassaiola da una folla all’urlo di “Torturatori”. Quattro persone furono ferite, di cui una in modo grave. Biasi, rimasto indietro perché claudicante a seguito di una ferita riportata in guerra, viene colpito alla nuca da un grosso sasso legato a una cinghia e muore sul colpo. Il suo corpo viene portato al cimitero di Andorno, dove rimane senza sepoltura per quattro giorni. Così morì il più grande pittore della Sardegna e il modo ancora ci offende.
Angelo Abis
(admaioramedia.it)
One Comment
Rosanna Atzori
La massima espressione della pittura Sarda !! Meravigliosi tutti i suoi capolavori regalati ai posteri !!Giusto aver fatto conoscere, in questa ricorrenza, il suo triste epilogo in questa terra!!