Al 31 dicembre 2015 in Sardegna c’erano 112.000 disoccupati, un numero enorme e quasi spaventoso se immaginiamo che corrisponde, più o meno, a 200 Alcoa messe assieme. Un numero comunque in leggera diminuzione, dicono le statistiche, ma solo per la robusta iniezione di risorse statali, regionali e comunitarie, sia sotto forma di incentivi che di lavori pubblici. Davanti ad una situazione del genere a nessuno dovrebbe venire in mente di dire che in Sardegna c’è lavoro o addirittura di sostenere la necessità di offrire occupazione gli immigrati di diversa origine e provenienza. I quali, nella nostra Regione, hanno comunque l’indice di inserimento nel tessuto produttivo più basso d’Italia: appena 7 su 100. Se poi sottraiamo da questa percentuale senegalesi e marocchini che hanno aperto una partita Iva ed i cinesi che hanno un approccio del tutto particolare all’economia dei Paesi in cui si insediano, siamo alle briciole.
Senza farla troppo lunga, si potrebbe concludere che non c’è ‘trippa’ per nessuno, tantomeno per i gatti condannati a restare a stecchetto. Ma c’è sempre qualcuno che va controcorrente e qualche volta rema con slancio anche contro la realtà che ha di fronte. E pure con pretese pseudo culturali, come l’assessore della Sanità Luigi Arru. Secondo lui, la soluzione più a portata di mano per una Sardegna che rischia di estinguersi a causa del crollo demografico, sarebbe non quella di trovare un po’ di lavoro ai 112.000 sardi disoccupati, spingendoli magari ad un progetto di vita fondato su famiglia e figli, ma, molto più semplicemente, di lasciar andare le cose come vanno e ripopolare l’Isola con gli immigrati assicurando ad essi (ma non si sa come) pane e lavoro.
Ora, dal punto di vista economico, come abbiamo cercato di dimostrare con pochi numeri, è una tesi scritta sull’acqua. Ma ciò che, se possibile, appare più preoccupante è la sottintesa idea secondo la quale, in certe situazioni, una civiltà erede di una storia millenaria può essere gradualmente sostituita da una specie di civilizzazione fondata sulle braccia, le (inconsapevoli?) capacità riproduttive ed una cultura che, comunque la si voglia giudicare, non ha radici in quella terra. Come poi questa idea si possa conciliare con i tratti sovranisti e identitari di una certa area politica è un mistero di profondità paragonabile al mito di Atlantide.
SardoSono
(admaioramedia.it)
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FaberSardo
L’analisi di SARDOSONO sulla proposta del centrosinistra sardo.
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